“È la mano la parte del corpo che più di ogni altra risponde ai comandi del cervello.
Se potessimo replicare la mano, avremmo realizzato un prodotto da urlo” Steve Jobs
Sì, è Steve Jobs, proprio lui, il “visionario”, il guru di tablet e tastiere ad affermarlo; Jobs, che decise di abbandonare tutti i corsi universitari per frequentarne uno solo, quello di calligrafia.
Abbiamo preso spunto da Steve Jobs per iniziare un racconto sulla grafologia, la disciplina che studia la scrittura.
Che cosa c’era nella calligrafia che attraeva Jobs? La migliore risposta è nelle parole che lui stesso pronuncia nel famoso discorso agli studenti dell’Università di Stanford nel 2005:
“[… ] Il Reed College all’epoca offriva probabilmente la migliore formazione del Paese in calligrafia. In tutto il campus ogni poster, ogni etichetta, ogni cartello era scritto a mano con grafie bellissime. Dato che avevo mollato i corsi ufficiali, decisi che avrei seguito il corso di calligrafia per imparare a scrivere così. Fu lì che imparai i caratteri serif e sans serif, la differenza tra gli spazi che dividono le differenti combinazioni di lettere, quello che rende eccezionale un’eccezionale stampa tipografica. Era bello, storico, artistico e raffinato in un modo che la scienza non è in grado di offrire e io ne ero completamente affascinato.[…]”
È sorprendente come uno dei più grandi geni dell’informatica abbia capito che la mano, con tutte le sue infinite modalità di interazione con l’ambiente esterno, rappresenti uno strumento così caratterizzante la specie umana. L’atto dello scrivere a mano non è solo il risultato di un gesto meccanico, né un semplice strumento di trascrizione del linguaggio, ma è qualcosa di molto più complesso e sofisticato.
Siamo nell’era digitale, a mano si scrive sempre meno, i libri sono virtuali … insomma, parlare di scrittura manuale può sembrare anacronistico.
Eppure la scrittura manuale ha un significato profondo e complesso.
Quando prendiamo in mano una penna e formiamo il nostro alfabeto, non solo comunichiamo un pensiero, ma facciamo molto di più, riveliamo la nostra parte più intima.
“L’uomo che scrive disegna inconsapevolmente la sua natura interiore. La scrittura cosciente è un disegno inconscio, disegno di sé, autoritratto” Lo dice Max Pulver, studioso e maestro della grafologia contemporanea.
La scrittura non è solo il risultato di un gesto meccanico. Il gesto grafico è un gesto espressivo, contiene emozioni, stati d’animo, sensazioni e sentimenti proprio come qualsiasi altra forma di espressione umana e il processo grafico è un’attività neurobiologica, (cioè i processi chimici, fisiologici, endocrinologici relativi al funzionamento del sistema nervoso) piuttosto complessa.
La scrittura parla direttamente a chi la osserva, non diversamente da uno sguardo o da un sorriso e, ogni scrittura, come ogni viso, ha i suoi connotati specifici. Ogni lettera mette a fuoco una parte della personalità, da ognuna possiamo capire chi siamo, quali sono le nostre aspettative e i nostri valori, il nostro modo di vivere e, dalla scrittura nel complesso, ricaviamo una fotografia della nostra natura. E scopriamo anche chi sono gli altri.
La grafia rivela inoltre non solo le nostre problematiche, ma anche le potenzialità nascoste e il talento inespresso.
La grafologia, che studia la scrittura e i segni in tutta la loro complessità, è strumento di conoscenza affidabile, capace di focalizzare e diversificare le problematiche psicologiche e relazionali.
Si è molto discusso, e il dibattito è ancora acceso, sul suo grado di validità. E se il grafologo capisce dalla scrittura se siamo sani o malati, stupidi o intelligenti.
Una prova della validità della grafologia ce la offre la scienza, basti pensare alle ricerche condotte su soggetti in stato di ipnosi i quali hanno modificato la loro scrittura a seconda dell’identità richiesta: quando, ad esempio, è stato suggerito loro di essere bambini, hanno prodotto una scrittura infantile; lo spiega bene il prof. Deragna nel suo manuale Grafologia e Neuroscienze.
Il grafologo non fa diagnosi, non costruisce teorie né un sistema di valutazioni, ma interpreta i significati simbolici della scrittura, evidenzia problematiche e tenta di risolvere problemi pratici.
La scrittura perfetta non esiste, così come non esiste la perfezione umana. E ogni essere umano ha il suo forziere segreto al quale non sempre il grafologo riesce ad avere accesso. Il grafologo non può prevedere un comportamento particolare in un certo momento, non è un indovino!
Ma certo il suo occhio attento sa prendere contatto con l’animo dello scrivente.
Giovanna Sellaroli