Gostanza da Libbiano

 Dopo la Liguria e l’America analizziamo un altro processo per stregoneria ambientato in Toscana più precisamente a San Miniato dove Monna Gostanza una giovane tessitrice toscana si trasferì una volta rimasta vedova. 

Una volta giunta nel posto la donna iniziò a praticare professionalmente le arti di levatrice e curatrice attraverso le erbe della tradizione popolare, che se per la tradizione dell’epoca poteva da un lato essere vista come una chance di riscatto malgrado l’essere vedova, dall’altro poteva anche essere ritenuto un qualcosa in grado di far ammalare le persone almeno secondo la mentalità dell’epoca. 

Era sufficiente un parto finito male o una mancata guarigione per innescare la caccia al colpevole e alla povera donna accadde proprio questo. 

Nel 1594 infatti fu accusata di aver provocato la morte di alcuni bambini mediante pratiche demoniache e fu rinchiusa e torturata da un giovane inquisitore francescano.

La donna confessò subito partecipazioni ai Sabba e congiunzioni carnali con il gran diavolo, malefici a danno dei compaesani e altre cose ancora, tuttavia non rinnegò mai la sua fede cristiana e forse fu proprio questo che le salvò la vita, oltre all’intercessione del più grande inquisitore fiorentino che si accorse subito delle mendaci confessioni della donna, in quanto pieni di luoghi comuni che erano alla portata di tutti come la trasformazione in gatto nero o la frittura delle ostie. Pertanto la interrogò altre volte ma senza torturarla e quando la poveretta ammise di aver inventato tutto per paura di essere torturata nuovamente con la corda il processo a suo carico venne chiuso con l’assoluzione e le fu intimato di non usare più unguenti e pozioni e di cambiare città. 

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