Giorgio Rosa e la sua isola che non c’è

Tra gli anni ’50 e ’60 vide la luce un progetto utopistico nelle acque del Mar Adriatico

Ogni uomo sogna un mondo tutto suo, un’isola che non c’è, dove può controllare ogni cosa e vivere senza timori. L’ingegnere bolognese Giorgio Rosa negli anni ’50 e ‘60 è andato oltre la semplice immaginazione e la sua isola, in barba alla normativa, l’ha proprio creata, concependola come uno stato indipendente chiamato Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose. Il nome pare sia legato a quello del suo ideatore che sognava una superfice marina colonizzata dall’uomo e resa vivibile attraverso tante piattaforme artificiali. La struttura venne costruita nel Mar Adriatico a largo della costa riminese e a qualche centinaio di metri oltre il limite delle acque territoriali. La sua superfice era di 400 mq, la lingua ufficiale l’esperanto e il Rosa aveva concepito per essa anche una moneta, un governo ed un’emissione postale. L’apertura della costruzione avvenne ufficialmente nel 1967 e la dichiarazione d’indipendenza fu emanata nel 1968. Strutturalmente si articolava in una semplice piattaforma quadrangolare con tetto pianto e praticabile, sopraelevata dalle acque attraverso dei pali portanti in cemento armato. I lavori iniziarono nel 1958 e nel 1967 Il rinvenimento ad alcune centinaia di metri sotto la struttura di una falda d’acqua dolce la rese effettivamente vivibile ed indipendente e permise la vita continuativa delle persone su di essa. Non venne mai riconosciuta da alcun paese come stato e le forze dell’ordine individuarono nell’idea bizzarra del Rosa immediatamente una strategia per far cassa senza pagare le tasse attirando curiosi dalla non lontana costa riminese. Per tale ragione si dispose immediatamente la sua occupazione ad opera delle forze armate nel giungo del 1968 e nel 1969 si provvide alla sua demolizione.

Glenda Oddi

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