GHOSTING: LO STUDIO SPIEGA CAUSE E PROFILO DEL FANTASMA

 Il ghosting è un neologismo che sta ad indicare lo “sparire come un fantasma”.

Nulla di nuovo, eccetto la sua definizione stessa. Forse per via delle telecomunicazioni, il processo è solo divenuto più semplice da attuare. Vi è dunque la parte attiva, il ghoster, e la parte vittima, il ghosted.

Il ghosting è un modo di chiudere una relazione amorosa o amichevole senza prendersi la responsabilità di porvi una fine, più facilmente interrompendo ogni tipo di contatto. 

 Un articolo di Newscientist ne affronta l’aspetto psicologico, cercando di capire perché fa così male e qual è il profilo psicologico -se ne esiste uno- di chi sparisce come un fantasma.

Il ghosting è figlio di social, app di incontri e messaggi: il fatto stesso che una relazione possa aprirsi a noi da un giorno all’altro è proprio dovuto alla presenza delle telecomunicazioni. Molte relazioni nascono e terminano online, e per questo sparire nel nulla è diventato molto più facile rispetto a una volta. 

Ma perché questo silenzio è così doloroso? Secondo la psicoterapeuta Jennice Vilhauer il ghosting è una forma di rifiuto sociale, che attiva nel cervello le stesse regioni che vengono stimolate quando si sperimenta dolore fisico. Gli studi sul tema, però, non sono concordi: alcuni sostengono che chi è stato vittima di ghosting ha raggiunto livelli di ansia maggiori rispetto a chi non l’ha sperimentato; altri non hanno invece rilevato differenze significative tra le reazioni di chi veniva lasciato con un “metodo classico” e chi veniva invece ghostato.

Che sia più o meno forte di una rottura normale, il dolore associato al ghosting ha soprattutto una spiegazione: lasciare le cose in sospeso non ci permette di mettere un punto a una situazione e voltare pagina. Meglio vada ricevere un chiaro no o un addio piuttosto che non avere più notizie di quella persona. 

La mancanza di un punto è ciò che rende il ghosting una pratica così difficile da accettare, e la mancanza di un dialogo, un chiarimento, un confronto peggiora il quadro con tutti i dubbi che sorgono.

A ciò si aggiunge il fatto che, come spiega lo psicologo sociale Arie Kruglanski “quando qualcuno ti ignora significa che non meriti nemmeno di ricevere una risposta: è un duro colpo al nostro senso di valore sociale», 

Chiarito il perché del dolore nel ghosting, si è fatta luce anche sul identikit del fantasma. 

Uno studio dell’Università di Padova correla il ghosting con i tratti tipici della triade oscura della personalità – psicopatia, machiavellismo e narcisismo. Questo non significa certo che tutti quelli che chiudono una relazione senza farsi più sentire siano degli psicopatici, ma che chi mette in pratica questo comportamento poco maturo, ha dei tratti più accentuati di machiavellismo e psicopatia rispetto a chi non lo fa. 

È anche vero però, sottolinea il coordinatore dello studio Peter Jonason, che chi non presenta questi tratti difficilmente incorre in relazioni brevi che quindi meglio si prestano al ghosting. 

Quali dunque le ragioni che spingono a perpetrare il ghosting? 

I motivi sono diversi.  Un sondaggio del 2020 ha rilevato che il 16% di chi sparisce lo fa per non ferire la persona che sta rifiutando, mentre l’8% lo fa per timore che la persona rifiutata reagisca con violenza. Quel che è certo, è che il ghosting è una pratica da evitare: piuttosto che sparire, meglio chiudere, anche se può far male. Finché si è dotati di corporeità, in carne ed ossa, che ci si chiami giuseppe o si guidi una jeep, si sia capaci di cantare o ridere, meglio utilizzare questa presenza per affrontare la chiusura, lasciando i fantasmi al cinema.

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