L’estinzione di una specie è un danno irreversibile alla biodiversità del pianeta e purtoppo l’uomo è, in epoca storica, uno dei maggiori responsabili di questo infausto fenomeno. A volte però riesce a rendersi protagonista di salvataggi disperati prima che il disastro si compia. E’ il caso del Germano di Laysan (Anas laysanensis), un’ anatra americana dello stesso genere del nostro Germano reale.
I guai per questo uccello iniziarono più di un millennio fa, quando i Polinesiani giunsero, probabilmente tra il IV e il X secolo, nell’arcipelago delle Hawaii, dove i Germani vivevano senza predatori naturali terricoli. L’arrivo dell’uomo fu devastante: non solo la caccia diretta m anche l’introduzione di animali alloctoni fu la causa del crollo delle popolazioni di questi uccelli. Come già nel caso del Dodo e di molte specie evolute sugli arcipelaghi, la non dimestichezza con i predatori terrestri, come ratti e maiali, ha portato alla rapida estinzione sulle isole in cui questi ultimi sono stati introdotti. Nel 1860 la specie era presente solamente nell’isola di Laysan e, nonostante la protezione federale dal 1909, rischiò di sparire comunque per la presenza di conigli introdotti che avevano devastato la vegetazione insulare: rimanevano solo 12 individui di Germano. Gli zoologi allora cominciarono un progetto di eradicazione dei conigli che durò 10 anni, salvando l’anatra che cominciò a riprendersi fino a raggiungere i 500 individui negli anni ’50. Negli anni ’90 però ci fu un nuovo drastico calo dovuto al fenomeno del Niño che portò siccità e carenza di cibo e ridusse la popolazione a 100 individui. Dopo un’ulteriore ripresa, partì nel 2004 un progetto per ampliare l’areale della specie: 42 anatre furono spostate nella vicina isola di Midway che si rivelò adattissima tanto che la popolazione raddoppiò in un paio di anni. Oltre ad incrementare il numero degli individui, questo progetto è stato utile per evitare che eventi negativi sull’unico territorio di presenza possa compromettere la sopravvivenza dell’intera specie.
Daniele Capello