Geova e le storie straordinarie

Il caso singolare del fratello Johnson

Le storie straordinarie, a volte davvero difficili da credere, hanno sempre attraversato epoche e culture, diventando strumenti chiave per trasmettere idee e credenze all’interno di movimenti religiosi. Tra queste c’è la storia del Fratello Johnson, raccontata durante l’incontro annuale della Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania, a inizio ottobre 2024. Un racconto che sembra oscillare tra mito e realtà. Si dice che, mentre stava distribuendo volantini, fosse stato inseguito e si fosse rifugiato in una chiesa vuota e aperta. Lì, non solo aveva lasciato i volantini su ogni sedile, ma in soli venti minuti era riuscito a distribuirli anche in altre due chiese vicine prima di ritrovarsi con i suoi compagni testimoni di Geova. La parte finale della storia racconta che, una volta recuperato, i suoi compagni affermarono di aver visto più di 50 persone fuori da quelle chiese, tutte intente a leggere i volantini e a discuterne.

Quando si legge una storia del genere, ci si può fermare a riflettere. Non tanto sul fatto in sé, che sembra chiaramente irrealistico, ma sul ruolo che racconti simili giocano nel rafforzare la fede di una comunità. Anche se pare evidente che questo episodio sia stato ingigantito, le storie, soprattutto quelle straordinarie o inventate, sono state usate per secoli come strumenti di propaganda religiosa, specialmente quando venivano accettate senza troppo spirito critico.

Storie come strumenti di propaganda

Le storie di miracoli o eventi eccezionali, come quella del Fratello Johnson, sfruttano il fascino del meraviglioso e dell’impossibile per creare un legame emotivo con i credenti. Un esempio storico classico sono le vite dei santi, in cui i racconti di miracoli erano all’ordine del giorno. Non sorprende che anche movimenti religiosi moderni continuino a utilizzare narrazioni simili. La storia del Fratello Johnson non fa eccezione, inserendosi in una lunga tradizione in cui il soprannaturale viene presentato come prova concreta della verità di una dottrina. La differenza è che oggi, nell’era dell’informazione, queste storie suonano spesso fuori luogo, soprattutto a orecchie più scettiche e informate. Eppure, proprio per questo, restano un mezzo potente per rafforzare l’identità di un gruppo religioso, soprattutto se quel gruppo si trova in una fase di difficoltà o isolamento, perché contribuiscono a cementare la coesione interna.

Il potere persuasivo delle storie

Ma perché le persone tendono a credere a storie straordinarie, anche quando sembrano chiaramente inventate? La risposta va cercata in diversi fattori psicologici e sociali. Le narrazioni miracolose offrono una soluzione semplice e rassicurante a situazioni complesse o incerte. Di fronte alla complessità della vita quotidiana, un miracolo sembra la prova tangibile dell’intervento divino, una risposta chiara a preghiere o desideri.

La psicologia sociale ci insegna che le storie hanno un impatto enorme nel modo in cui costruiamo la nostra visione del mondo. Jerome Bruner, uno dei principali studiosi della narrazione, sosteneva che l’essere umano comprende la realtà attraverso le storie, e queste influenzano profondamente il nostro modo di interpretare i fatti. Nel contesto religioso, quindi, le narrazioni straordinarie diventano strumenti per rafforzare la coesione del gruppo. Quanto più incredibile è la storia, tanto più sembra creare una percezione condivisa di un’esperienza spirituale unica. Le storie non parlano solo alla nostra logica, ma soprattutto alle nostre emozioni.

Le conseguenze di storie non vere

Per quanto possano essere persuasive, queste storie straordinarie possono creare problemi, soprattutto quando la loro veridicità viene messa in dubbio. Le comunità religiose che si affidano troppo a storie miracolose rischiano di perdere credibilità quando queste storie si rivelano false o esagerate. Se una comunità fonda la propria fede su eventi soprannaturali che poi si dimostrano infondati, si rischia una crisi di fiducia. Questo può portare a una disillusione tra i fedeli più critici, con conseguenti divisioni interne e una crescita del cinismo.

Da un punto di vista etico, la propaganda religiosa basata su storie inventate solleva domande difficili. È giusto manipolare la verità per un fine considerato nobile, come il rafforzamento della fede? Alcuni potrebbero dire che, se una storia ispira buone azioni o una maggiore spiritualità, la sua veridicità è secondaria. Ma questa posizione è pericolosa, perché rischia di giustificare la menzogna in nome di un bene superiore, mettendo in crisi il valore della verità stessa.

Conclusione

La storia del Fratello Johnson non è solo un racconto curioso, ma rappresenta un esempio di come le narrazioni miracolose vengano usate per costruire e consolidare movimenti religiosi. Queste storie hanno un potere indiscusso nel creare un legame emotivo con i fedeli, ma la loro diffusione dovrebbe essere accompagnata da una riflessione critica e da un’etica basata sulla trasparenza. Non si può costruire una fede autentica solo su racconti di eventi miracolosi che sfidano la logica, soprattutto in un’epoca in cui l’informazione è così facilmente accessibile e verificabile.

Una narrazione sincera, che non abbia paura di confrontarsi con il dubbio e la complessità, è fondamentale per una fede genuina. Invitare i fedeli a un atteggiamento più critico e consapevole non significa minare la loro spiritualità, ma piuttosto rafforzarla. Solo attraverso una riflessione attenta si può evitare che la religione diventi un terreno fertile per l’inganno e la manipolazione, permettendo così alla fede di crescere su basi solide e trasparenti.

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