Eugenio Montale e gli Ossi di Seppia.

Nato il 12 ottobre 1896, a Genova, e morto il 12 settembre 1981, a Milano, Eugenio Montale è stato uno degli ultimi grandi intellettuali, scrittori, poeti e letterati italiani. Non a caso, è stato uno dei pochi italiani ad aver ricevuto il premio Nobel per la letteratura, nel 1975.

Ma come ha iniziato questo poeta straordinario?

Montale nacque da una famiglia semplice, della media borghesia. Suo padre era socio della G.G. Montale & C. che si occupava di prodotti chimici e riforniva l’azienda Veneziani S.p.A., presso la quale era impiegato, il genero del titolare, Italo Svevo.

A causa della sua salute cagionevole, Montale fu costretto a intraprendere studi tecnici, meno impegnativi degli studi classici per i quali nutriva una vera passione. Nonostante tutto, il suo amore per la letteratura non fu del tutto frenata: iniziò a frequentare biblioteche e ad assistere alle lezioni private di filosofia della sorella. Si forma, quindi, come autodidatta, seguendo un percorso libero.

Nel 1917, dichiarato idoneo al servizio militare, viene arruolato e frequenterà il corso allievi ufficiali di complemento, chiederà essere inviato al fronte e combatterà in Vallarsa. Resterà attivo come combattente fino al 1918 e sarà finalmente congedato nel 1920.

All’affermarsi del Fascismo, Montale se ne distacca immediatamente, sottoscrivendo il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce, nel 1925.

La sua è una presa di posizione culturale più che politica, che abbraccia la civiltà moderna in generale e che lo condurrà a vivere quasi come un recluso, anche dopo l’avvento della democrazia. Un destino comune, forse, alle grandi menti.

Nella sua carriera di poeta, scrittore e redattore, ottenne diversi riconoscimenti ufficiali, oltre al premio Nobel, e fu persino nominato senatore a vita.

La sua è stata una carriera iniziata dal nulla e nonostante avesse una visione profondamente negativa della vita e nutrisse una sorta di malessere verso la civiltà moderna, Montale ottenne i più alti elogi sociali, culturali e letterari, proprio da quella società che in un certo qual modo rinnegava.

Domenico Attianese

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