Essere qualcosa piuttosto che nulla questo ci impone la società

La perfida ciarlataneria che oggi sembra aver sostituito qualsiasi valore, ci obbliga a perpetrare la bugia quotidiana dell’apparire per ciò che non siamo.
Ma cosa sono i valori?
Dovrebbero essere, dei coefficienti che tengono insieme una società, così mi è stato insegnato.
Ma se viene meno la possibilità di perseguirli, di affermarne il valore o di generarne dei nuovi?
Cosa può accadere?
Viene ovviamente a mancare la visione di un futuro, ed è chiaro si scivola inevitabilmente nel nichilismo.
Quello a cui stiamo assistendo.
Mi pare troppo comoda la visione semplicistica che spesso sento attestare:
“i giovani oggi non hanno più valori”. Affermazione che esclude a priori la visione a cui sono costretti del loro futuro: “la precarietà del nulla”. Come può non influire sulle linee di condotta che permettono alle persone il compiere delle scelte, sulle quali costruire la propria esistenza.
Si comprende perché oggi vivere significa vivere la menzogna e crederci.
Solo questa può supplire alla mancanza di senso che deriva implicitamente dall’assenza di un futuro.
Diventa necessario fornire una giustificazione allo spirito e una facciata al nulla, la nuda verità delle cose non contiene motivazioni per le quali continuare questa farsa.
Ci siamo troppo abituati a vivere nel pregiudizio di essere qualcosa piuttosto che nulla.
Per questo tutto è apparenza – ma apparenza di che cosa? Del Niente
Per convenienza agiamo e viviamo in forza di una pienezza che si rivela costantemente illusoria e precaria, spesso nell’ incoscienza ed ignoranza, protesi verso qualcosa che non potrà mai essere raggiunto.
Coscienza e conoscenza rimandano inesorabilmente l’una all’altra, implicandosi vicendevolmente:
mentre esse condannano inesorabilmente all’infelicità, secondo me, incoscienza ed ignoranza – i loro contrari – sono le uniche condizioni in grado di garantire una vita migliore.
A mio avviso, l’esistenza ha assunto il suo fondamento nell’illusione e sembra che la vita non possa più farne a meno.
Con il comunismo e l’idea della fine dell’alienazione, il pensiero comune è stato, che l’uomo sarebbe diventato buono e i malvagi sarebbero spariti. Ma la storia ci ha riservato delle sorprese con Nietzsche che afferma che “Dio è morto” e la bandiera rossa ammainata dal Cremlino, l’uomo oltre la fede perde anche la testa, scivolando nel baratro del cinismo.
Con la crisi del concetto di comunità è emerso un individualismo sfrenato, dove nessuno è più compagno di strada ma antagonista di ciascuno, stiamo vivendo il concetto di ‘modernità o società liquida’ espresso da Zygmunt Bauman sociologo. Questo soggettivismo, come spiega Umberto Eco, ha minato le basi della modernità, l’ha resa fragile, tutto si è dissolto in una sorta di liquidità. Le uniche soluzioni che l’individuo, senza punti di riferimento, ha saputo trovare, sono da un lato l’apparire come valore a tutti costi e il consumismo.
In questo momento stiamo attraversando una fase propizia ai populismi e in particolare all’indignazione.
Le spinte però appaiono contrastanti e viaggiano in direzioni complesse ma senza progetti, con la sola consapevolezza di ciò che non vogliono, mancano non solo di soluzioni univoche, ma soprattutto degli agenti sociali in grado di metterle in atto.
L’esasperazione della soggettività, per giunta oggi, si è piegata alla tirannia dell’effimero trovando attuazioni nelle tecnologie come la realtà virtuale.
Cosa ci riserva quindi il futuro?
Un modello di società, secondo Bauman, in cui le forme di controllo assumono le fattezze dell’intrattenimento e dunque del consumo. In cui sotto l’attuazione delle organizzazioni transnazionali finiscono i dati e non le persone.
E in cui i rischi più elevati – più che per la privacy – sono per la libertà di azione e di scelta.

Marisa Paola Fontana

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