La vita dei cosiddetti opposti dell’uomo segue e segna quotidianamente il suo divenire e spesso crea danni a volte irreparabili. Quando il libero arbitrio traumatizza le situazioni che si vengono a creare nascono le contrapposizioni che sono all’origine dei disastri sociali. Niente ci può salvare quando il bene è sovrastato dal male, quando alla gioia subentra la tristezza, quando l’amore è sconfitto dall’odio, quando la saggezza è minacciata dall’ignoranza e quando la vita viene sconfitta dalla morte. Possiamo solo sperare di poter riparare alcuni danni alzando la voce davanti ai crimini commessi. Nel nostro caso quando si compiono contro gli animali.
Patrick Kilonzo Mwalua, che molti conoscono anche con il soprannome di Water Man, è un agricoltore che vive nella regione dello Tsavo in Kenya. Da qualche anno dedica parte del suo tempo e denaro (con qualche aiuto che gli viene inviato da persone di tutto il mondo) per portare acqua agli animali della Savana. Noleggia appositamente un camion e trasporta quasi ogni giorno circa tremila litri d’acqua dolce in diverse località dello Tsavo West, percorrendo moltissimi chilometri per raggiungere le aride terre dove vivono diverse specie di animali: zebre, bufali, elefanti, antilopi, eccetera. La loro sopravvivenza dipende da Patrick e dalle persone che lo sostengono.
Senza tale aiuto gli animali morirebbero a causa degli effetti devastanti del riscaldamento globale che condanna queste zone alla siccità per molti mesi. Può anche succedere che non piova per un anno intero. Proteggere la fauna selvatica in Kenya, come in altri luoghi della terra, è un dovere di tutti i governi delle nazioni se si vuole stabilizzare l’ecosistema e salvare il salvabile. Sappiamo, infatti, che molte specie di animali si sono estinte per sempre.
Ma se su questi eroi possiamo fare affidamento è anche vero che, all’opposto, circolano nel mondo criminali della peggiore razza. Ne citiamo soltanto un paio saliti alla ribalta della cronaca tra i tanti sparsi nel mondo che quotidianamente seminano nefandezze.
Vi ricordate quel bellissimo esemplare di leone conosciuto con il nome di Cecil, brutalmente ucciso nel luglio 2015 dal dentista americano Walter Palmer e dal cacciatore professionista Theo Bronkhorst? Quella storia provocò una forte indignazione tra gli animalisti del mondo intero. Lo sdegno divampò ancora di più quando si seppe che gli assassini erano rimasti impuniti perché, secondo queste brave persone, Cecil era stato ammazzato fuori dai confini della riserva naturale e pertanto le autorità dello Zimbabwe, dopo aver esaminato le prove presentate, dovettero ritirare le accuse contro di loro. A nulla valsero le controprove che dimostravano come i due allegri “compagni di merende” avessero attirato all’esterno della riserva il povero animale, ossia con degli stratagemmi. Anche l’iter dell’uccisione, com’è avvenuta, provoca a tutt’oggi forte ribrezzo: Palmer colpì Cecil con una freccia, poi entrambi lo presero a fucilate e, infine, i due energumeni lo decapitarono.
Molto più recente, ma non meno agghiacciante, è la barbara vicenda che ha come autore la compagnia di caccia di Buzz Charlton, la Mc Callum Hunting Safaris e come protagonisti i bracconieri Max Delezenne e Mike Jines, i quali nell’ottobre del 2018 hanno cercato il divertimento nell’assassinare un cucciolo di elefante. I due, già recidivi per aver ucciso in precedenza altri innocui cuccioli nello Zimbabwe, si sono difesi dallo sdegno dell’opinione pubblica e della stampa, sostenendo che erano stati attaccati dagli animali. La verità rimbalzata, pronta e servita è che costoro erano alla ricerca di un guinness di primati.
Bruna Fiorentino