Il pastore Endimione, figlio di Etlio e Calice, è probabilmente uno dei personaggi più amati della mitologia greca… un bellissimo giovane, venerato anche sul monte Latmo (in Caria), destinato a divenire per sempre l’amante di Selene, Dea della luna.
Una fonte più tarda, quella di Plinio il Vecchio, considerava però Endimione non un semplice pastore, bensì un grande studioso di astronomia, forse proprio perché la sua storia d’amore è in qualche modo strettamente connessa alla Luna.
Dopo Amore e Psiche, quella del pastore Endimione è, dunque, la vicenda più struggente e toccante di tutto il mito classico, tramandata nei secoli in maniera molto confusionaria da diversi autori, primo fra tutti Apollonio Rodio.
Eppure, in tutte le diverse versioni del mito, non è difficile scorgere la principale chiave interpretativa della storia, sempre la stessa, che ruota intorno alla folle speranza di una coppia di amanti di riuscire a restare uniti per l’eternità, giungendo, se necessario, anche a patti con sé stessi e con chi esercita un potere superiore (in questo caso Zeus, padre degli Dei).
La bella Selene si innamorò di lui semplicemente guardandolo addormentato in una grotta del monte Latmos; restò ore a contemplare il suo dolce sonno, sentendosi pervadere da un sentimento mai provato prima… un sentimento proibito.
Ogni notte la Dea, dopo aver posato il suo carro celeste, trainato da bianchi cavalli, ritornava nella grotta per ammirare la perfezione dei lineamenti del giovane, accarezzandolo e baciandolo senza mai svegliarlo.
Zeus, accortosi però, dopo diverso tempo, di quell’amore illecito e sbagliato, propose al ragazzo di scegliere tra l’avere una vita normale (rinunciando, quindi, a Selene) oppure continuare ad abbandonarsi ogni notte ai piaceri dell’amore tra le braccia della Dea, cadendo in un sonno perenne che lo avrebbe reso eternamente giovane e immortale… Endimione scelse la seconda alternativa!
Le cinquanta figlie che si attribuiscono loro (Pausania, V, 1.4) vengono, oggi, equiparate dagli studiosi ai 50 mesi che trascorrono da un’edizione all’altra dei giochi olimpici e non è un caso se, nel 1935, l’Unione Astronomica Internazionale ha dato al cratere più grande della luna, proprio il nome del suo amato Endimione.
Ambra Belloni