Questa fotografia emerge dal 1° Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2021 curato da Nomisma. Questo risultato avviene grazie al dinamismo registrato nei mercati secondari, alla fiducia degli operatori e degli istituti di credito e al retaggio di solidità che il settore restituisce alle famiglie italiane anche in tempo di crisi.
L’immobiliare riesce a contenere la perdita economica prevista a causa della pandemia del Covid-19. Questo risultato avviene grazie al dinamismo registrato nei mercati secondari, alla fiducia degli operatori e degli istituti di credito e al retaggio di solidità che il settore restituisce alle famiglie italiane anche in tempo di crisi. La fotografia economica del comparto emerge dal 1° Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2021 curato da Nomisma e presentato alla fine di marzo. «Le previsioni del Fondo Monetario stimavano per il mondo, travolto dalla pandemia, un segno negativo del PIL di -4,4%, ma il calo si è fermato a -3,4%. Per l’Italia era previsto addirittura un -10,6%, ma il Paese ha registrato un -8,9%, grazie alla manifattura che, a partire dalla fine del 2020, ha reagito meglio rispetto a quanto ci si potesse aspettare – osserva Lucio Poma, Capo Economista Nomisma. Un segnale confortante e positivo. Se in tutto il mondo la Cina è l’unico Paese che chiude in positivo (+2,3%), la previsione sul 2021 restituisce un dato europeo molto stimolante per gli operatori: per l’Italia si prevede un +4,1%, dato migliore rispetto alla Germania (+3%), il nostro competitor sui principali mercati, e questo non accadeva da diversi anni. Il secondo aspetto da valorizzare è la decisa inversione delle aspettative. «L’andamento dei prezzi delle materie prime – petrolio e rame in primis – dopo una fase inizialmente negativa e poi di attesa, compresa fra giugno e novembre 2020, sta tornando ai livelli pre-Covid. Se il petrolio ha nuovamente prezzi così alti, significa che le imprese sono ripartite. E se il rame ha raggiunto i livelli del 2012, vuol dire che la manifattura nel mondo ha reagito. L’andamento dell’oro è la “cartina al tornasole”: tanto più insiste la crisi, tanto più la gente investe nel bene rifugio per eccellenza. Per questo il valore dell’oro, dopo il picco record raggiunto nell’agosto del 2020, con oltre 2000 dollari, ha iniziato la discesa. Questo significa che le persone hanno ricominciato a investire, a rischiare».
L’uscita dalla pandemia del Covid-19
È importante esaminare la fase di uscita dalla crisi generata dalla pandemia, nella quale si assiste a un rimbalzo non univoco. Una parte del Paese ha superato il momento difficile e sta ripartendo, mentre l’altra sta addirittura peggiorando la propria condizione economica. «Da un lato vediamo – conclude Lucio Poma – le imprese Controvento, i comparti top, i professionisti con skills elevate; dall’altro le imprese deboli e i comparti in crisi. Questo fenomeno ha aumentato la povertà assoluta, soprattutto al Nord, che è passata in un anno dal 5,8% al 7,6% delle famiglie residenti. Oggi, in Italia, oltre due milioni di famiglie, quasi 6 milioni di persone, sono in condizione di povertà assoluta. In definitiva, la manifattura è ripartita forte, le aspettative per il 2021 ci sono, ma il Paese è fortemente diviso».
Francesco Fravolini