Con la pandemia del Covid-19 sono oltre 200 mila i professionisti che restano senza un lavoro stabile. I dati raccolti nella survey di IFO International Fitness Observatory, realizzata in collaborazione con la società Egeria, coinvolgendo oltre 6.600 club in tutta Italia e coordinata da Paolo Menconi, presidente dell’Osservatorio
Economia italiana in crisi a causa del Covid-19. C’è anche il settore del fitness che registra una perdita di fatturato e di posti di lavoro. La fotografia economica emerge dalla survey di IFO International Fitness Observatory, realizzata in collaborazione con la società Egeria, coinvolgendo oltre 6.600 club in tutta Italia e coordinata da Paolo Menconi, presidente dell’Osservatorio. «Nel 2020 in Italia, causa covid e conseguenti restrizioni, la perdita economica del settore delle palestre – si legge nel Rapporto – ammonta ad oggi a 2 miliardi di euro con oltre 200 mila professionisti senza un lavoro stabile. Il 40% delle attività dichiara di non sapere se ce la farà a resistere e quanto, e il 20%-25% dei club ritiene che non avrà più le risorse per sopravvivere alla crisi». I dati evidenziano una situazione preoccupante. «Nel 2019 il settore fitness in Europa – si legge sempre nel Rapporto – era in costante crescita con circa 65 milioni di iscritti ai club e con ricavi totali pari a circa 28 miliardi di euro. Necessari sempre secondo IFO interventi strutturali urgenti e concreti: il settore è caratterizzato da una maggioranza di club singoli, di piccole dimensioni, in attività da tempo (oltre dieci anni) e in cui prevale il modello “one man company”». Il Covid-19 causa perdite sostanziose in termini economici e di occupazione. Purtroppo stiamo registrando da troppo tempo negatività economiche in ogni settore merceologico tranne quello alimentare perché è di primaria necessità. È urgente riflettere su un possibile cambio di business nel breve periodo perché è una situazione insostenibile.
Le palestre in Italia
Dai risultati dell’indagine emerge che «il panorama delle palestre in Italia è composto per la maggioranza (62%) da piccoli club indipendenti, solo il 18% appartiene a catene e quasi il 3% in franchising. Il restante 20% è formato da piccoli studi di yoga, pilates. Quasi la metà dei centri sportivi, pari al 39%, ha una superficie sotto i 500 mq; il 27% ha una dimensione fra i 500 e i 1.000 metri quadrati, mentre sono in minoranza i club fra i 1.000 e i 2.000 metri quadrati (16%) e quelli oltre i 2.000 metri quadrati (18%). Quasi l’87% delle palestre ritiene che le misure adottate finora non siano sufficienti a sostenere il settore, suggerendo tra i provvedimenti principali forme di finanziamento a fondo perduto (78%), la sospensione di incombenze fiscali e bollette (66%), l’emanazione di provvedimenti urgenti per il settore (il 58%). Il 20% dichiara di non aver ricevuto ristori/contributi dallo Stato. Se la situazione è difficile per tutti, la capacità economica di poter resistere è differente: il 14,7% dichiara di avere autonomia per un mese. In due mesi il 31% ritiene di non avere le forze economiche per superare la crisi. Il 48% dei Club potrebbe non farcela in tre mesi. Al quarto mese di stop, il rischio è quello che oltre l’54% dei Club non sopravviva. Solo il 6,5% dei club potrebbe avere le risorse economiche per resistere a cinque mesi di chiusura, ma soprattutto regna l’incertezza: quasi il 40% dichiara di non sapere quanto può resistere ancora».
Francesco Fravolini