D10S, un uomo ed un’Icona nella stessa persona

È calato il silenzio sulla Città di Napoli, sul Mondo intero e sullo Sport, il Calcio in particolare, di cui Diego Armando Maradona è stato illustre protagonista. L’emblema del numero 10.  

Il D10s, così come è stato osannato negli anni quando era in vita, è e sarà ricordato.

Un omaggio al numero di maglietta che ha indossato nelle vesti di Capitano e al Calciatore che è stato.

Un talento portentoso e fuori dal comune, accostato a proposito di riferimenti divini, con un gioco di lettere e numeri, a Dios appunto, epiteto di cui solo lui è stato forgiato nella Storia.

E volendo continuare su questa scia, è nota l’espressione riferita a Maradona Mano de Dios.

Bisogna fare un salto indietro nel tempo fino all’anno 1986. Anno dei Mondiali in Messico e quarti di finale. Le due squadre a contendersi questa partita chiave per avere accesso alle ultime fasi sono l’Argentina e l’Inghilterra.

Come si espresse lo stesso Diego nella conferenza di quel post-partita, che sarebbe diventata epica, il gol era stato siglato «un poco con la cabeza de Maradona y otro poco con la mano de Dios», ossia «un po’ con la mia testa (di Maradona) e un altro po’ con la mano di Dio». Il match fu vinto dall’Argentina – che quell’anno si aggiudicò il trofeo – e decisiva fu un’altra prodezza di Diego passata alla Storia come il gol più bello del secolo.

Soprannominato El Pibe de Oro, il Ragazzo dal Piede d’oro, Maradona era riuscito a farsi notare per la sua bravura sin da adolescente in Argentina, approdando successivamente in Europa. In Italia ha militato nelle file dei partenopei per sette stagioni dal 1984 al 1991, portando gli azzurri a vincere sia in competizioni nazionali che internazionali, e il nome di un popolo in alto.

Popolo napoletano a cui era legato indissolubilmente da un amore e un rispetto viscerali, in cui si rispecchiava per grandezza e complessità. Popolo che ricambiava follemente, e non ha mai smesso di accoglierlo come un Re di una Città e Dio del Calcio, amandolo in tutto e per tutto nel suo genio e nella sua sregolatezza.

Diego, come uomo non c’è più.

Ci ha lasciato il 25 Novembre di un anno funesto, prematuramente all’età di sessant’anni e all’improvviso, così come i Grandi personaggi fanno. Stroncato da un arresto cardiorespiratorio che gli è stato fatale. Era una forza della natura, in grado negli anni di superare tante difficoltà e di rialzarsi ad ogni caduta fisica e psicologica, laddove le fragilità della sua anima si scontravano e precariamente si rifugiavano.

Abituati nell’immaginario collettivo a vederlo come un guerriero invincibile in ogni battaglia della sua vita, è difficile oggi accettarne la sua dipartita e la sua scomparsa.

In fondo, quello che ha rappresentato per generazioni intere rimarrà nella memoria di tutti coloro che lo racconteranno e lo faranno conoscere per l’Icona che è, nei secoli dei secoli.

Ai posteri l’ardua sentenza.   

Carmelina Sessa

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