Coronavirus: indagati il fondatore e 12 membri della Chiesa degli Shincheonji di Gesù

Fino a metà di febbraio, in Corea del Sud si contavano poche decine di casi di coronavirus.
Poi, all’improvviso, nel giro di una settimana il numero dei contagiati è letteralmente triplicato e la nazione si è ritrovata a essere il secondo paese con il maggior numero di contagi al mondo, alle spalle della Cina e davanti all’Italia. Com’è potuto accadere?
Ebbene, dai controlli effettuati per tracciare l’origine di questo nuovo focolaio è emerso che la diffusione è partita dai membri di un culto cristiano conosciuto come Chiesa degli Shincheonji di Gesù, che conta circa 200mila seguaci. Data la natura piuttosto settaria di tale congregazione, per le autorità è stato piuttosto difficile stabilire in quale occasione, cerimonia o evento è iniziata la diffusione e quali e quanti membri vi hanno preso parte. Inoltre non hanno potuto avere la certezza che le liste dei partecipanti fornite dai rappresentanti del culto fossero complete e affidabili.

Da fonti ufficiali sudcoreane, è stato accertato che la maggior parte dei contagi siano avvenuti nel corso di due eventi organizzati a Daegu.
Il cosiddetto paziente zero sarebbe una 61enne che è risultata positiva al tampone il 18 febbraio. A quanto pare, nonostante avesse la febbre e manifestasse anche altri sintomi del virus, la donna ha partecipato ugualmente a entrambe le cerimonie di Daegu, tenutesi in due domeniche consecutive e alle quale presumibilmente hanno partecipato migliaia di fedeli del culto provenienti da vari paesi. In ben due occasioni alla donna era stato consigliato di sottoporsi al test per verificare se avesse contratto o meno il coronavirus, ma lei si era rifiutata, motivando tale scelta con il fatto di non aver effettuato viaggi recenti in Cina e di non essere entrata in contatto con altri individui risultati infetti. Una dischiarazione, questa, che col senno di poi non poteva essere considerata del tutto affidabile dal momento che si è scoperto che i seguaci della setta considerano la malattia come una debolezza che impedisce loro di dedicarsi a pieno al culto e che di conseguenza molti la nascondono.

Resta il fatto che il virus deve essere arrivato in qualche modo nella congrega. Come si legge su un articolo del New York Times, in passato la setta ha cercato nuovi adepti nel nord-est della Cina e sul sito del culto era stata discussa l’apertura di una chiesa del culto proprio a Wuhan nel 2019 (dettaglio che in seguito è stato cancellato).
Adesso il fondatore e leader spirituale della Chiesa degli Shincheonji di Gesù, Lee Man Hee, è stato accusato di “omicidio e grave negligenza” insieme ad altri 12 rappresentanti.
La loro colpa è quella di non aver collaborato pienamente e tempestivamente nel fornire alle autorità competenti l’elenco completo e accurato dei membri della setta che avevano partecipato ai suddetti eventi, rendendosi così responsabili del decesso di parte delle 26 vittime.
Il 2 marzo il leader 88enne ha presentato pubblicamente le sue scuse, inginocchiandosi e umiliandosi davanti alla stampa. Un gesto che probabilmente non lo salverà dalle critiche e forse nemmeno da una condanna.

Yami

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