Corea del Sud e Giappone di nuovo in crisi

Da parecchi anni tra Giappone e Corea del Sud intercorrono forti legami commerciali e di sicurezza. Tuttavia tra le due nazioni ci sono ancora delle profonde ferite che non si sono mai rimarginate e che risalgono a 100 anni fa, a quello che in Corea viene definito “Periodo dell’occupazione forzata da parte dell’imperialismo Giapponese”.
Per chi non lo sapesse, la Corea divenne un protettorato giapponese nel 1905 e nell’arco dei 5 anni successivi divenne una vera e propria colonia dell’impero nipponico. Tale dominio ebbe fine in via ufficiale nell’agosto del 1945, quando il Giappone si arrese nella Seconda Guerra Mondiale, tuttavia terminò veramente solo dopo che il governatore generale giapponese venne destituito nel settembre del 1945 e divenne di diritto con l’entrata in vigore del trattato di pace di San Francisco del 28 aprile 1952. Con quest’ultimo la Corea anziché venire liberata si ritrovò al centro della guerra fredda tra Stati Uniti d’America, Unione SovieticaRepubblica Popolare Cinese, conflitto che causò la successiva divisione del paese in due stati che divennero ostili tra loro ed entrarono in guerra.
Tra l’altro, durante il lungo periodo dell’occupazione giapponese, molti sudcoreani vennero costretti a lavorare nelle fabbriche giapponesi. Senza contare il terribile fenomeno delle Comfort woman”, ovvero donne e ragazze, spesso minorenni, reclutate forzatamente dall’impero giapponese per servire prostitute per i propri soldati.
Non c’è quindi da stupirsi se periodicamente certi rancori sopiti tendano a tornare a galla con ogni pretesto.

L’anno scorso un tribunale sudcoreano emise una sentenza che prevedeva che diverse società giapponesi versassero un risarcimento a favore dei sudcoreani costretti a lavorare nelle loro fabbriche durante gli anni dell’occupazione. Il Giappone accusò il tribunale di violare il diritto internazionale, poiché la disputa dovrebbe essere stata risolta da un trattato del 1965. Quindi, in segno di ritorsione, all’inizio di luglio ha limitato le esportazioni di materiali usati per la produzione di microchip e schermi verso la Corea del Sud, materiali indispensabili per l’economia del paese che si basa molto sulla produzione di smartphone, monitor e altri apparecchi elettronici che esporta in tutto il mondo.
In risposta, molti sudcoreani hanno iniziato a boicottare i prodotti giapponesi, iniziando dal rifiuto di servire benzina a clienti con auto giapponesi e di riparare queste ultime, fino al calo del 40% delle vendite di birra giapponese e del 70% delle prenotazioni turistiche di sudcoreani in Giappone. Si sono levate varie proteste di fronte all’ambasciata giapponese a Seul e c’è stato anche un imprenditore che si è suicidato dandosi fuoco di fronte all’edificio.
Il Giappone continua con le ripicche, annunciando di voler eliminare la Corea del Sud dalla lista dei paesi con minime restrizioni al commercio bilaterale.
La crisi tra i due giganti orientali non è ancora stata risolta e difficilmente lo sarà finché il Giappone continuerà a nascondersi dietro ai trattati pur di non fare l’unica cosa che, a detta di molti sudcoreani sarebbe l’unica cosa davvero importante che hanno sempre chiesto e mai ottenuto, e che forse avrebbe evitato decenni di ripicche e tira e molla: porgere delle scuse ufficiali per tutte le ferite arrecate al popolo, che poco se ne fa di accordi tra i politici e governanti.

Yami

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