I prezzi energetici dalla metà del 2021 sono impazziti, e oramai sono fuori controllo come comunicato dall’autorità dell’energia Arera.
L’autorità dell’energia ha confrontato i costi di approvvigionamento del gas, risultati inaspriti in tutto il mondo per diversi fattori: l’aumento della domanda, la chiusura ecologica di giacimenti, il rallentare degli investimenti, il raddoppiare anzi triplicare delle quotazioni della CO2 sul mercato europeo Ets. Ma la principale causa appare l’aumento delle quotazioni delle materie prime energetiche e soprattutto del gas naturale per cui l’Europa dipende dall’estero.
La dipendenza dell’Unione europea (UE) dalle importazioni di energia, dal petrolio e dal gas naturale, è da tempo al centro delle particolari questioni in merito alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico.
La recente crisi ucraina mantiene vigile l’attenzione dei paesi dell’Europa e del blocco orientale che importano gran parte del loro fabbisogno di idrocarburi dalla Russia.
Germania, Italia e Francia iniziarono già dagli anni Settata ad importare gas e petrolio dall’Est per far fronte ai propri consumi interni e per diversificare rispetto ai fornitori mediorientali.
le importazioni europee sono significativamente aumentate dagli anni 90, Il greggio russo rappresenta oggi circa un terzo dei consumi europei. Le importazioni di gas naturale russo sono circa un quarto del totale consumato, difficilmente sostituibile del paniere energetico europeo, il gas è infatti indispensabile anche per il sistema di generazione elettrico in buona parte dei paesi UE, che usano combustibili fossili tra cui gas naturale.
Fin dal 1991, la principale vulnerabilità per le importazioni di gas russo è invece rappresentata dal transito in Ucraina. I gasdotti ereditati dall’epoca sovietica e diretti in Europa attraversano, il territorio ucraino e il loro funzionamento è di fatto in gran parte subordinato alla cooperazione di Kiev.
Questa situazione ha posto gravi problemi, nel tempo, sia a Gazprom che ai paesi europei. L’Ucraina per oltre metà dei propri consumi dipendente dal gas russo e negli anni Naftogaz, la compagnia energetica statale, ha accumulato un cospicuo debito con la Russia. Nel marzo 2005 Mosca avanzò le prime richieste di pagamento del debito accumulato, dall’Ucraina accusandola contemporaneamente di prelevare illegalmente il gas destinato all’esportazione verso i paesi europei. La contesa culminò a ottobre 2007ma la disputa si protrasse per tutto il 2008, finché a inizio 2009 la più pesante sospensione delle forniture russe di gas paralizzò il comparto industriale ucraino, con pesanti ripercussioni anche sull’approvvigionamento europeo.
La crisi ebbe due importanti conseguenze: da un lato spinse l’Unione Europea ad accelerare i processi di diversificazione delle rotte energetiche, troppo dipendenti dalla Russia; dall’altro indusse Gazprom a predisporre i primi progetti di aggiramento delle rotte ucraine.
A partire dagli anni Novanta Gazprom e gli operatori europei per ridurre i rischi avviarono un processo di potenziamento e diversificazione delle infrastrutture allo scopo di rendere ridondante la rotta ucraina. Furono realizzati tre nuovi gasdotti: Yamal-Europa (Russia-Bielorussia-Polonia), Blue Stream (Russia-Turchia), Nord Stream (Russia-Germania) e presi accordi con la compagnia italiana Eni per la costruzione del gasdotto South Stream, finalizzato a bypassare l’Ucraina attraverso un tratto sottomarino nel Mar Nero, fino alla Bulgaria. Nell’aprile 2010 un trattato bilaterale Russia-Ucraina risolse molti dei punti più controversi del contenzioso tra i due paesi.
Con l’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014, il governo ucraino prese una decisione storica: non avrebbe più acquistato gas dalla Russia e avrebbe invece cercato di importare ciò di cui aveva bisogno dai suoi vicini occidentali. Questa decisione, negli ultimi anni è diventata uno dei principali fattori scatenanti del cambiamento strutturale nei mercati del gas europei”. I dati mostrano che nel periodo gennaio-settembre 2020 l’Ucraina ha importato un totale circa di 15 miliardi di metri cubi di combustibile dalla Slovacchia, dall’Ungheria e dalla Polonia, rendendo nota la decisione del governo di mettere a disposizione dei trader stranieri gli enormi impianti di stoccaggio del gas nel loro paese.
Sebbene i paesi dell’Europa orientale e meridionale rimangano fortemente dipendenti dal gas russo a lungo termine, lo sviluppo di nuovi hub del gas in questa regione innescato dall’Ucraina sta lentamente contribuendo alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento regionali.
Pare che Rosneft e il gigante del gas Gazprom di recente avrebbero trovato un accordo per implementare un “progetto pilota” con cui Rosneft fornirà 10 miliardi di metri cubi di gas russo all’Europa, aumentando le scorte addizionali al mercato di gas europeo. Ma l’ostacolo principale a questa operazione è il monopolio della Gazprom l’unica compagnia che attualmente può esportare dalla Russia metano.
Rosneft e Novatek in passato hanno fatto pressione su Mosca per ottenere l’autorizzazione ad esportare il gas attraverso la vasta rete di gasdotti del Paese senza risultato. Negli ultimi mesi il governo russo ha avuto un ripensamento, dopo che la Direttiva dell’Unione Europea sul Gas, in vigore da maggio 2019, ha richiesto ai nuovi gasdotti extraeuropei in Europa di permettere l’accesso di terzi alle loro strutture.
Gazprom ha dichiarato di essere in grado di rifornire l’Europa autonomamente di metano. Tuttavia nonostante gli altissimi prezzi di oggi le forniture di Gazprom non sono ancora aumentate. L’Europa nel frattempo, nella prima metà del 2021, ha maggiorato le sue importazioni di gas da gasdotto del 33% e la stessa tendenza continua anche ora. Nei primi 9 mesi di questo anno, la Russia ha già superato dell’8% i suoi obblighi stabiliti con la UE, che prevedeva il transito in un anno di 40 miliardi di metri cubi di gas attraverso l’Ucraina.
La Russia è stata tradizionalmente un fornitore affidabile e Gazprom ha costruito un rapporto di lungo periodo coi principali operatori europei, garantendo un mercato finale stabile e ricco per le immense riserve russe, un rapporto che il governo di Mosca ha tutto l’interesse di preservare.
Al momento, dalla Russia arriva il 26% delle importazioni di petrolio e il 40% delle importazioni di gas verso l’Ue. Numeri che, farebbero pensare a una sudditanza energetica europea verso Mosca, ma quasi due terzi delle esportazioni di petrolio dalla Russia, due terzi delle sue esportazioni di gas e circa la metà delle sue esportazioni di carbone vanno verso l’Ue.
La Russia ha dichiarato di voler aumentare le forniture di gas all’Europa, incluse quelle che passano attraverso il territorio ucraino, in risposta alla scarsità di offerta, ed è pronta a stabilizzare il mercato, i cui prezzi sono balzati alle stelle. Ma Putin sostiene che le condutture in Ucraina sono fortemente usurata e potrebbero «esplodere del tutto» con un aumento della fornitura, con il rischio di privare completamente l’Europa di questo canale di approvvigionamento. Per questo è indispensabile l’entrata in funzione del gasdotto Nordstream 2, appena completato sul fondo del Mar Baltico, disegnato per tagliar fuori Polonia e Ucraina. Un gasdotto lungo oltre 1.200 chilometri che collega la Russia alla Germania, ultimato ma in attesa dell’approvazione della Germania che l’ha sospesa temporaneamente per un ostacolo legale, fattore che ha contribuito al il forte rialzo del prezzo del gas sul mercato europeo.
Quello degli stoccaggi è un problema che riguarda tutti: secondo gli esperti le riserve europee in questo periodo dell’anno di solito pari al 90% della capacità totale, quest’anno sono scese al 77%. A fare la differenza sarà l’inverno. Da questo punto di vista l’Italia sembrerebbe non avere la peggio rispetto agli altri paesi della UE, a giudicare dalle cifre date in ottobre dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani: “I prezzi, certo, restano una preoccupazione. Per molti la bolletta sarà la più alta in un decennio.
Senza l’intervento dello stato avremmo visto lievitare l’importo delle nostre bollette dell’elettricità del 45% e di oltre il 30% di quella del gas, per contenere la spesa il governo ha disposto l’azzeramento degli oneri di sistema, e la riduzione dell’IVA al 5%.
Marisa Paola Fontana