Com’è percepito il crowdfunding editoriale?

Negli ultimi anni, il crowdfunding in campo editoriale è diventato il terzo sistema di pubblicazione, alternativo all’editoria tradizionale e all’auto-pubblicazione.
In sostanza, gli autori che si affidano a questo sistema avviano una campagna di promozione attraverso la quale presentano la propria opera, puntando ad individuare i potenziali lettori che diventano, così, i diretti finanziatori e sostenitori della stessa, prenotando in anticipo una o più copie del potenziale libro.

Queste campagne solitamente sono strutturate in più fasi, talvolta chiamate anche “goals”, la prima delle quali è proprio la più importante, poiché rappresenta il pre-lancio dell’opera: l’autore o l’autrice devono applicare le giuste strategie di marketing e promozione per trovare un numero minimo di lettori (che solitamente è fissato intorno alle 200 unità) che consenta loro di trasformare il proprio prodotto in un’opera concreta a tutti gli effetti.
A utilizzare il crowdfunding non sono soltanto autori che decidono di pubblicare i propri lavori in autonomia: esistono, infatti, diverse case editrici rinomate, che hanno anche un’ampia distribuzione sul territorio nazionale e che prima di accettare un’opera e avviare la relativa campagna di prevendita sottopongono i testi a un’analisi volta a valutarne qualità e potenzialità.

Sembrerebbe, quindi, una realtà che può fornire delle ottime occasioni soprattutto ad autori emergenti che hanno la necessità di attrarre il pubblico più adatto al loro tipo di prodotto. Si tratta, tuttavia, di un sistema che richiede molto impegno oltre alla capacità di “sapersi vendere”, ovvero di saper promuovere il proprio lavoro in modo da accendere la curiosità e l’interesse dei potenziali finanziatori e futuri lettori cui il progetto letterario è rivolto.

Come molti scrittori emergenti, ho fatto le mie prime esperienze in campo editoriale affidandomi all’editoria tradizionale e ai concorsi letterari, per cui quando ho iniziato a documentarmi sul crowdfounding editoriale e ho provato a contattare una casa editrice medio-grande che utilizza questo sistema da anni, con quelli che mi riferiscono essere ottimi risultati, ho cercato di capire se fosse il caso di valutare questa strada per eventuali progetti futuri.

Come molti autori, trovo difficile superare quella sorta di tabù legato alla promozione e a tutti quegli aspetti che fanno parte del marketing e che in realtà sono fondamentali. Bisogna ammetterlo: la maggior parte degli autori preferirebbe occuparsi di scrittura e vorrebbe che a “fare pubblicità” ci pensasse esclusivamente la casa editrice; la realtà, che ci piaccia o no, è che anche gli autori devono prendere parte attiva a questo processo. Pertanto occorre mettersi in gioco e superare le proprie inibizioni.

A ogni modo, essendo quella del crowdfunding editoriale una realtà a me nota solo a livello teorico e mai praticata, mi sono chiesta come venisse effettivamente considerata o percepita in un ambiente competitivo e saturo, come è quello dell’editoria italiana.

Per avere un’idea più completa possibile, ho deciso di avviare un sondaggio dapprima sui miei profili personali Instagram e Facebook e in seguito in un gruppo eterogeneo che conta oltre 7000 iscritti tra lettori, autori, beta reader, editor e altre figure professionali o semplici appassionati di lettura e scrittura (trattandosi di un gruppo privato, non ne riporto il nome).
La domanda, posta in modo molto semplice, è stata la seguente: “Come valutate il crowdfounding in campo editoriale? Nello specifico: se un autore o autrice, che magari ha già pubblicato e vinto concorsi, decidesse di sottoporre un progetto editoriale attraverso una campagna che potrebbe protrarsi anche per qualche mese, voi sareste propensi ad aderire, ordinando in anticipo una o più copie del possibile romanzo? Oppure avete delle riserve su questo sistema?“

Gli utenti sono stati messi di fronte a due scelte:

– “Sì, sarei disposto a investire in un libro acquistandolo in prevendita”

– “No, Preferisco acquistare un libro quando è già pronto”

Naturalmente, tutti i partecipanti sono stati invitati a motivare le loro scelte nei commenti.

Con mia sorpresa, un iniziale 85% di chi ha aderito ha espresso un parere negativo. 

In seguito, qualcuno ha aggiunto al sondaggio l’opzione “Il crowdfunding è una versione mascherata dell’EAP”, dirottando lì una buona parte delle risposte negative.

Tra i numerosi pareri contrari (il 69% costituito dai “no” e il 18% costituito da chi associa senza mezzi termini il crowdfunding all’editoria EAP) c’è chi sostiene che sia un modo con cui le case editrici fanno una scrematura a spese degli autori, sollevandosi così dal rischio d’impresa, cioè evitando di investire il proprio capitale su un’opera e di rischiare di andare in perdita qualora il libro non venda un numero minimo di copie che permetta loro di rientrare nell’investimento. Per lo stesso motivo, al di là della bravura e della fama dell’autore/autrice che lanciano un progetto di questo tipo, qualcun altro non acquisterebbe mai attraverso questo sistema di prevendita “per principio”, perché ritiene sia qualcosa che va unicamente a vantaggio degli editori.

Ci sono poi coloro che, a conti fatti, sostengono che potendo disporre di una fanbase di 200 lettori a questo punto troverebbero più logico o preferibile pubblicare in autonomia e vendere direttamente i propri volumi ai lettori.

Altri, più semplicemente, sono impazienti e preferiscono acquistare romanzi o raccolte già ultimate.

In generale, quindi, è emerso un quadro di scarsa fiducia nel sistema, motivata da considerazioni di natura etica, da preferenze personali, da scelte pratiche, in qualche caso anche da pregiudizi e in minima parte da informazioni carenti o confuse sul suo funzionamento.

Tra i contrari c’è anche chi in passato si è comunque trovato ad acquistare uno o massimo tre volumi di autori che conosceva o che per qualche motivo non specificato ha voluto aiutare, dato che dimostra come non sempre avere un’opinione negativa equivale a escludere totalmente la possibilità di concedersi qualche eccezione, se questa è motivata da ragioni specifiche.

Tra i pareri positivi (il 13%) ci sono sia lettori che autori pronti a sostenere e aiutare un emergente, chi ha pubblicato con questo sistema e ne ha ricavato un’esperienza molto impegnativa ma gratificante e chi ha visto applicare il crowdfunding ad altre realtà e ritiene che possa essere un metodo valido anche in campo editoriale, anche in relazione a un discorso ambientalista legato al risparmio di carta.

Interessante, anche se unica, la testimonianza di un’autrice che si è posta esattamente a cavallo tra favorevoli e contrari, raccontando di aver sperimentato in prima persona questo sistema con ottimi risultati di vendita, di essere disposta a sostenere altri autori che hanno intrapreso il medesimo percorso MA che non lo consiglierebbe mai di propria iniziativa.

Insomma, il mio sondaggio si è quasi trasformato in una piccola indagine di mercato che offre uno sguardo generale su come viene percepita questa realtà da un gruppo eterogeneo che, ricordo, è composto da lettori, scrittori, editor, beta reader, professionisti e aspiranti tali, a prescindere che ne condividiate o meno le diverse posizioni.

Yami

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