Nella Tuscia laziale, tra il lago di Bolsena ad ovest e la valle del Tevere ad est, sorge su di un colle il borgo di Civita, frazione del non distante comune di Bagnoregio. Le sue strutture si affacciano pericolosamente sul ciglio dei dirupi che la circondano da ogni lato a causa di un importante processo erosivo che ha condotto progressivamente al crollo delle sue zone più periferiche. A collegarla al resto del modo c’è solo una coraggiosa stradina di circa 300 metri che si inerpica su di un alto ponte. La disgregazione dell’altura su cui sorge è lenta ed inesorabile, per questo motivo, dato il suo destino segnato, è stata definita “La città che muore” dallo scrittore Bonaventura Tecchi. Malgrado le ristrette dimensioni l’abitato non è privo di rilevanti elementi storici: la cosiddetta “Grotta di San Bonaventura”, la porta di Santa Maria, la chiesa di San Donato, il Bucaione. Alcuni di questi elementi, come anche l’organizzazione della viabilità del pase creata sulla base di due assi perpendicolari (cardo e decumano), tradiscono l’origine etrusca di Civita. Da quella genesi remota, il borgo ha vissuta una lunghissima storia insediativa che lo ha visto continuare ad essere popolato sino ai giorni nostri. Le strutture che lo caratterizzano mantengono ancora il profilo tipico del basso medioevo e del rinascimento con le loro bifore e trifore e la loro organizzazione a schiera tra viuzze piccole e piccolissime, affacci sulla vallata circostante e slarghi suggestivi. L’interesse e la particolarità del sito lo rendono ogni anno meta di migliaia di visitatori e hanno fatto si che in più occasioni divenisse set di riprese cinematografiche.