ChatGPT, STRUMENTO BUONO O DANNOSO?

Tra le innovazioni tecnologiche dell’ultimo periodo non possiamo non notare l’ascesa dell’intelligenza artificiale, in particolar modo di ChatGPT, il noto chatbot sviluppato da OpenAI specializzato nella conversazione con un utente umano.

In questi giorni trascorsi in Sala Stampa al Festivalfilosofia abbiamo avuto modo di sentire l’opinione di autorevoli professori e filosofi.

Maurizio Ferraris, professore di Filosofia teoretica, presidente del LabOnt (“Laboratorio di Ontologia”) presso l’Università degli Studi di Torino, editorialista del “Corriere della sera” e della “Neue Zürcher Zeitung” nonché direttore de “Scienza Nuova”, l’istituto di studi avanzati dedicato a Umberto Eco che unisce l’Università e il Politecnico di Torino, ha dichiarato che “ChatGPT è in tanti casi salomonico”. Insomma, una sorta di macchina incapace di prendere posizione se non tramite i suoi programmatori.

Secondo Andrea Moro, professore di Linguistica generale presso la Scuola Universitaria Superiore IUSS di Pavia, “ChatGPT è una trovata commerciale”, sebbene ne riconosca l’utilità: “È evidente che una macchina come ChatGPT sia utilissima, ad esempio per le traduzioni”.

“Le macchine non possono decidere di mentire”, riflette il professore. “Ho interagito con ChatGPT con una grammatica corretta e una lingua impossibile [ovvero non sensata in qualsiasi lingua del mondo, n.d.r.] e in entrambi casi mi ha risposto”, osserva Moro. “Le macchine non hanno limiti, le macchine sono dei simulatori utilissimi, ma con una natura completamente differente dalla nostra”, dichiara inoltre.

Durissima invece la posizione di Eric Sadin. Lo scrittore, filosofo e noto studioso dell’industria e delle tecnologie digitali, delle loro caratteristiche, dei loro fattori economici e del loro impatto sociale, politico e civile definisce ChatGPT “mortifero”. Per Sadin si tratta di “un linguaggio morto, che risponde agli interessi privati”. “Dobbiamo pensare alle generazioni future, non dovranno fare degli sforzi, tracciare delle linee”, continua evidenziando inoltre il rischio di “abbandono delle nostre facoltà”. Questo per il filosofo sarebbe “un processo annunciato che avverrà nei prossimi 20 anni” definito come “una sorta di ‘vegetalizzazione’ dell’uomo”.

Questo tipo di intelligenza artificiale è, secondo lo scrittore, “un crimine contro quello che è il genio in ognuno di noi” e “una rinuncia a noi stessi”.

In Sala Stampa abbiamo chiesto se fosse possibile un paragone tra ChatGPT e il treno. Il treno, infatti, è stata un’invenzione che ha aiutato l’uomo, ma non è stata accolta positivamente da molti, un po’ come ChatGPT. Sadin alla nostra domanda rincara la dose: “Non si tratta di uno strumento come il treno, ma [ChatGPT, n.d.r.] è un’arma”

Poi un’osservazione: ChatGPT “orienta i nostri comportamenti”.

Un commento

Insomma, tutti questi pensatori sono contrari (in alcuni casi molto contrari) all’ascesa di ChatGPT. Ma siamo sicuri che questa intelligenza artificiale sia il male assoluto? Non può essere più semplicemente uno strumento che va normato a livello nazionale e internazionale per evitare effetti dannosi sull’uomo, ma che potrebbe condurci a una vita migliore? Certo, i rischi di un’atrofizzazione del cervello sono elevati, ma ChatGPT, forse, potrebbe diventare uno strumento capace di migliorare la nostra società. ChatGPT, un po’ come internet, va saputo utilizzare nel migliore dei modi e dovrebbe essere controllato da apposite leggi e normative, ma forse non è il male del mondo.

Francesco Natale

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