by Bruno Cimino
Era da tanto tempo che non si vedeva una così grande affluenza per una mostra a Roma. Il Covid danni ne ha seminati davvero tanti, in ogni settore.
Le luci per la rinascita culturale si sono accese nell’ampia Galleria Commerciale della Stazione Tiburtina che ospita, sino al 27 novembre, 100 opere dello street artist più celebre ma ignoto dei nostri tempi. Si chiama Banksy e i suoi murales esprimono, con ironia e severità, cosa stiamo vivendo e verso quale baratro stiamo precipitando. Tra esternazioni, denunce e richiami ad una vita umana, questo personaggio è tra i testimoni più accreditati per esprimere opinioni a testa alta.
Qualcuno direbbe che si tratta di un visionario, altri di un misantropo e altri di un artista al servizio della pubblica utilità popolare.
La mostra ha per titolo “The World of Banksy – The Immersive Experience. Durante il percorso espositivo, che comprende anche una sezione virtuale, i visitatori possono ammirare riproduzioni perfette degli originali dei graffiti realizzati in tantissime strade e piazze di città come Brighton, Venezia, Londra, New York, Gerusalemme, Parigi, Bristol, Napoli, Betlemme ecc. Tra i lavori più conosciuti: Napalm, The Flower Thrower, La Madonna con la pistola, Il Bambino migrante, Ratti, The Umbrella Girl, Pigeons, Bonaparte, Bomb Hugger, CND Soldiers, Flag Wall, Season’s Greetings, Morons.
Ponendosi in una posizione molto contraria alla mercificazione dell’arte, Banksy ritiene che “Il mondo dell’arte è la più grande presa in giro del momento. Si tratta di una casa di riposo per i più privilegiati, i pretenziosi e i deboli”. Si può certamente dissentire da questa sua opinione, ma di sicuro è tra i pochi che sostengono con fermezza e coerenza simili pensieri, tant’è che nella serigrafia su carta dal titolo Morons dichiara: “Mi sembra che il modo migliore per guadagnare soldi con l’arte sia di non provarci nemmeno. Non ci vuole molto per diventare un artista di successo: tutto ciò che devi fare è dedicarci tutta la tua vita. La cosa che le persone ammiravano più di Picasso era il suo equilibrio tra lavoro e vita privata”.
Altro discorso è capire quanto mercato si sia formato intorno alle sue opere che ora si trovano nell’Olimpo dell’arte immortale.
Certamente il visitatore trarrà le proprie opinioni su ogni singolo lavoro che vedrà, qualcuno lo attrarrà più di altri, ma innegabilmente converrà che tutti hanno quell’originalità necessaria ad un artista per essere ritenuto celebre in quanto innovativo.
Per concludere, l’esposizione che abbiamo visto per i lettori di Full d’Assi Magazine è certamente da visitare, perderla significa non poter dire “io c’ero”.