Per i lettori del nostro giornale abbiamo avuto il piacere di intervistare uno di quei personaggi della cultura contemporanea così completo che risulta difficile classificarlo tra i pittori, scultori o scenografi, perché Giulio Pettinato è tutto questo messo insieme.
In molti, tuttavia, lo hanno definito un poeta dell’arte.
Pettinato, cittadino del mondo, ha lasciato il cuore nella sua Calabria e vive tra i silenzi colorati della natura che circonda il bel comune di Castel Gandolfo, a pochi chilometri da Roma, circondato dall’affetto della moglie Masina (insegnante) e della figlia Arianna (attrice).
In questa breve intervista emerge lo spessore di un uomo che dedica intere giornate a dare vita alle parole con le immagini generate dai suoi pennelli e a procurare una sorta di sindrome di Stendhal con le sculture e le scenografie che realizza, tra ispirazioni crepuscolari e raptus di bellezze contemporanee.
L’abbiamo definita un artista libero perché non legato ad alcuna scuola particolare se non la sua; ma è visto anche come “poeta dell’arte”. Si riconosce in queste definizioni?
“Direi di si. Libero perché sono un artista indipendente da qualunque schema artistico, creo tutto ciò che possa gratificare la mia ricerca creativa, intesa appunto come libertà. “Poeta dell’arte”…forse, in fondo uso i pennelli per scrivere i miei versi sulla tela.”
Pensando alle opere che sino ad oggi ha prodotto, si sente più sculture, pittore, scenografo o altro?
“In effetti forse mi sento più scenografo, nel senso che in quasi tutte le mie opere c’è l’influenza della scenografia; anche nei dipinti apparentemente piatti uso la terza dimensione.”
Lei non organizza molte mostre per i suoi numerosi estimatori. Perché?
“Tutt’altro, nell’anno appena trascorso sono state ben cinque le mie mostre, dunque anche troppe. Secondo me conta anche la qualità della produzione, e ogni qualvolta si pensa ad una mostra è necessario chiedersi quanto il contributo artistico sia degno di attenzione.”
Se dovesse esprimere un pensiero sociale legato alle ispirazioni delle sue produzioni artistiche, quale sarebbe?
“La necessità di contemplare la bellezza infinita della natura, umana e paesaggistica, e l’aspirazione all’infinito.”
Oggi è di moda dire che la bellezza dell’arte può cambiare il mondo. Se lei è d’accordo, le chiederei come mai ancora ciò non si è verificato nonostante lo Sposalizio della Vergine, la Statua della Pietà, il Cristo Velato, i Bari, La Divina Commedia, la Turandot, L’ultima cena, Il David, tanto per citarne alcune?
“Per sintetizzare, rispondendo alla sua garbata provocazione, credo che sia solamente uno slogan affermare che la bellezza possa cambiare il mondo. Gli artisti si sono sempre confrontati con il tema della bellezza, talvolta in modo trasgressivo, cambiando le regole del gioco, ma non per cambiare il mondo. Il mondo cambia sempre, a prescindere da noi.”
Bruno Cimino