Cresce il numero di persone colpite da carenza di ferro, la causa principale è una scorretta alimentazione
L’anemia è caratterizzata dalla diminuzione del numero di globuli rossi e/o del contenuto di emoglobina dovuta ad una scarsa produzione di sangue o ad episodi emorragici. Tra le molteplici forme di questo disturbo la più comune è l’anemia sideropenica, dovuta cioè a scarsa presenza di ferro nel sangue, elemento indispensabile per il trasporto dell’ossigeno da parte dei globuli rossi.
I sintomi più ricorrenti sono: astenia (stanchezza cronica), difficoltà a concentrarsi, cefalea, vertigini, irritabilità, unghie fragili, perdita di capelli.
Gli ultimi dati forniti dalla fondazione CHARTA (Center for Health Associated Research and Technology Assessment) parlano di 700 milioni di soggetti anemici nel mondo. In circa il 50% dei casi la carenza di ferro è dovuta a scorrette abitudini alimentari mentre nel restante 50% a particolari problematiche fisiche come scompenso cardiaco, malattie infiammatorie intestinali, chemioterapia, insufficienza renale ecc. La maggior incidenza si registra tra bambini, adolescenti, donne in gravidanza e donne in età fertile.
Oltre l’uso d’integratori alimentari (da adoperarsi sempre dietro parere del medico) è opportuno avere un’alimentazione ricca di ferro. Questo è contenuto principalmente nella carne (soprattutto quella rossa), nel pesce (tonno, merluzzo, salmone), nei legumi (ceci, fagioli, lenticchie ecc.). Mentre negli alimenti di origine animale si trova il ferro eme, di diretto e facile assorbimento, negli altri cibi è contenuto il ferro non eme, che viene acquisito con un processo indiretto e più complesso da parte dell’intestino. Ѐ importante assumere insieme a questi cibi la vitamina C, B12 e l’acido folico che favoriscono l’assorbimento della sostanza. Fondamentale ricordare che un’alimentazione adeguata al proprio fabbisogno di ferro può permettere di svincolarsi dall’uso degli integratori che tendono a generare disturbi gastrointestinali.
Glenda Oddi