‘All’improvviso – Canzoni Lievi’ di Vincenzo Greco

È il quarto album in studio di Evocante, prodotto dall’etichetta Dialettica Label e distribuito digitalmente da Tunecore; la distribuzione fisica è affidata a La Stanza Nascosta Records di Salvatore Papotto

‘All’improvviso – Canzoni Lievi’ è in uscita l’8 ottobre 2024 ed è stato scritto dal cantautore e artista multimediale Vincenzo Greco, in arte Evocante. ‘All’improvviso – Canzoni Lievi’ è il quarto album in studio di Evocante, prodotto dall’etichetta Dialettica Label e distribuito digitalmente da Tunecore; la distribuzione fisica è affidata a La Stanza Nascosta Records di Salvatore Papotto. Una successione di intuizioni fulminee sembra innescare l’ordigno benefico dei testi; agnizioni cosmiche, epifanie ed epicleti joyciani lacerano il velo di una grigia ordinarietà diventando l’antidoto al mal di vivere, l’inciampo provvidenziale che ci proietta in un orizzonte inedito, irrorato di luce, salvifico. (Come un silenzio/ tra convenevoli/che ti racconta un altro modo/O come un lampo visionario nella notte/ che ti indica una strada che ritrovi/ nell’aria del mattino/ Quando sembra /un qualunque mattino/ E invece è deflagrazione, “Di lunedì”).

Vincenzo, come nasce questo disco?

«È proprio il caso di dire che nasce all’improvviso, e non a caso si intitola così. Infatti ho trasgredito la regola che vuole che non si pubblichi più di un disco all’anno. Il punto è che, appena uscito ‘Siamo esseri emozionali’ mi sono messo al lavoro per rifare il primo disco ‘Di questi tempi’. E infatti ho cominciato dal suo primo brano, che però mi ha portato su territori sonori tali da ispirarmi nuovi brani. E quindi ho abbandonato, o meglio rimandato, l’idea di rifare il primo disco e ne ho prodotto uno nuovo. Si tratta di un disco in cui la scrittura e la registrazione non sono state fasi separate, come quasi sempre accade. Mentre scrivevo contemporaneamente registravo. Non solo, quindi, l’ideazione è nata all’improvviso ma anche la registrazione in una unica fase gestatoria. Mai successo prima e, chissà, forse mai accadrà di nuovo. Da tempo avrei voluto fare una cosa del genere come quella che facevano, per esempio, i C.S.I. che si chiudevano in un casale senza nessuna idea precostituita e in un mese scrivevano e registravano dischi miliari. Anche io avrei voluto farlo in gruppo, come loro, e invece, per varie ragioni, l’ho fatto da solo». 

Quali sono le potenzialità della musica?

«Tante. La musica, tra le forme espressive artistiche, è quella più immateriale di tutte. Si avvale, ovviamente, di strumenti dotati di una materia, spesso anche pesante (basti vedere un contrabbasso o prendere in braccio una chitarra elettrica non economica), ma il prodotto è immateriale. Ciò consente alla musica di essere un ottimo conduttore verso la spiritualità, il mondo sottile, l’immaterialità appunto, caratteri tipici di quella che immaginiamo come dimensione ultraterrena. Se è vero che una volta morti lo spirito, o anima che dir si voglia, esce da noi per andare altrove (in altri corpi, come ci avverte il buddismo, o comunque in altre dimensioni) e lo fa in modo invisibile e immateriale, la musica credo possa essere un anticipo di tutto questo. Insomma, con la musica entriamo in contatto diretto e immediato con la sfera immateriale e spirituale, e direi con la dimensione altissima. Certo, non tutta la musica. In sé la musica ha queste potenzialità, poi bisogna vedere che musica si fa. Quella classica spesso ha raggiunto sfere così alte fino a sfiorare il divino: penso a tante musiche di Bach, alla Messa di Fauré, alla Quinta e alla Nona sinfonia di Beethoven, alla Messa da Requiem di Verdi, alla Messa Arcaica di Battiato, tanto per fare qualche esempio tra mille che potrei fare. Poi, ci sono altri ruoli che la musica può avere: quello che più mi affascina è la sua ottima predisposizione a costituire la colonna sonora dei nostri ricordi. Tanti associano a un ricordo una musica: bastano poche note, e si viene subito gettati in un luogo, con delle persone, in una sensazione. Ma questo avviene sempre per la capacità immateriale della musica stessa. È un ottimo canale conduttore, insomma, verso tutto quello abbiamo dentro». 

Che sensazioni vuoi trasmettere con questo disco?

«Proprio nei giorni in cui registravo questo disco si parlava molto sulla stampa di vari casi di depressione e mi sono accorto che inconsciamente (ma non inconsapevolmente) è come se con questi nuovi brani, come con il rifacimento di brani già editi, volessi dare una mano a chi attraversa periodo bui. Non tanto per il testo, che non contiene alcun riferimento alla depressione, ma con le musiche che spesso sono sospese. Questo disco risente anche di qualcosa che da semplice desiderio è diventata, per me, una necessità vitale di tornare alla luce e ai colori dei miei luoghi originari: non che Roma, dove vivo, non abbia luce, ma il caos e l’aumento della confusione, del cemento e anche della volgarità ormai la rendono sempre più una città con una luce senz’anima, una città mortificata e spiritualmente buia (paradossale per una città che si prepara all’ennesimo Giubileo che fa girare tanti soldi ma mortifica sempre di più la dimensione metafisica e immateriale). Comunque, al di là delle notazioni e delle insofferenze personali, con questo disco ho voluto raffigurare il momento esatto di quando di esce dal buio e si ricomincia a vedere la luce. Ci sono quattro momenti strumentali: tre, chiamati intermezzi, molto brevi e uno, il finale aperto, un po’ più lungo. Si tratta di momenti che si avvicinano molto al mio concetto di musica classica. Questi brani hanno il compito di separare coppie di brani e di creare una atmosfera sospesa tipica di chi rivede la luce ma ancora quasi non ci crede: la si vede con cautela, come fosse un miraggio, e non la fine del tunnel. Le coppie di brani sono così congegnate: la prima coppia (Di lunedì e Diario di bordo) parla di momenti in cui la luce appare, di vita, di momenti di ispirazione, di cose da provare, di ricordi, insomma di tutto quello che entra nella vita di noi tutti, la seconda (All’improvviso e Salvami) dei momenti di buio e della speranza che la luce torni, la terza è quella delle cover dove la luce va via per una delusione amorosa (Parigi, di Enzo Carella) o, è il caso di Sidùn di Fabrizio De André, da me resa lisergica e straniante, per una tragedia, purtroppo tornata prepotentemente attuale, come la morte di un bambino a causa di una bomba esplosa. È ciò che sta accadendo con sempre più frequenza in Libano (Sidone è una città libanese) e in Palestina e con gli attentati in Israele (non faccio distinzioni di morti, anche se la politica aggressiva di Israele è quanto meno imbarazzante); nella quarta coppia si tirano le somme, tornando alla vita e all’ascolto di ‘Raccontami di te’ e al racconto di come Vittorio Gassman, quasi come fosse un portavoce, è uscito dalla depressione (…tornerà la luce), con un finale techno ipnotico cantato, a mo’ di invocazione e di preghiera, quasi come fosse un mantra o un rosario».

Come definiresti questo momento storico in costante cambiamento?

«Con un ossimoro: è l’epoca dell’istantaneità perenne. Non c’è più spazio per la riflessione, per quello che un tempo si definiva processo, dove la successione delle fasi porta a un esito, appunto, non immediato. Ma curato perché frutto di approfondimenti e di studio. Tutto pare essersi ridotto all’immediatezza dei like, come fossimo in un perenne Instagram dove ci tocca dire solo sì o no, nello spazio di pochissimi secondi. Mi fa paura pensare che una app come WhatsApp abbia cambiato le nostre vite, persino quella lavorativa, fino a produrre vere e proprie patologie ansiose da risposta: ormai, siamo tutti chiamati a essere sempre presenti, sempre rispondenti, sempre connessi. Tutto si fa più veloce. Nel nome di che? Del progresso, forse? C’è qualcuno, tutto esaltato da questa epoca, che pensa che questo sia progresso. A me chi la pensa così, con tutta sincerità, fa proprio pena. E infatti io, ricordando la nota distinzione che faceva Pasolini tra sviluppo e progresso, penso proprio che non sia progresso ma solo sviluppo. Pensiamo all’intelligenza artificiale; ottimo, comoda, comodissima. Ma porta tutto verso la prevalenza della tecnica, come ci avvertì, in tempi non sospetti, il filosofo tedesco Heidegger. Non ci rendiamo conto che, dai telefonini in poi, noi stiamo consegnando diritti (e persino doveri, compreso quello della memoria) in cambio di comodità. E che stiamo sempre più rinunciando alla specificità umana che nessuna macchina, a dispetto degli ingenui entusiasti, potrà mai sostituire. Di tutto questo – e ti do una anticipazione – parlerò nel mio prossimo libro che, se tutto va bene, uscirà verso aprile. Anche in questo libro si parlerà molto di musica e, quasi come una differenza speculare con il precedente libro su Battiato, dove riunivo canzoni intorno a un autore, riunirò alcuni autori intorno a una serie di temi, tra cui questo di cui ti sto parlando. Sarà un libro a contenuto filosofico, forse persino sociologico, che ovviamente mi farà entrare, da parte di chi pensa che tutto quello che sta accadendo sia bellissimo e modernissimo, nel novero dei boomer, se non addirittura dei retrogradi e dei reazionari. Invece, vorrei solo difendere la natura umana e il bisogno di silenzio e di vuoto che tanti di noi hanno, nel rumore incessante e odioso di questa corsa chiamata tempo moderno. Anche per questo volevo e vorrei rifare bene il mio primo disco, Di questi tempi, che è un concept proprio su questi temi».

I cantautori che ruolo svolgono nel raccontare la storia contemporanea? 

«Meglio di come ha fatto De André non potrei dirlo, e quindi do la parola a lui: «Voi avevate voci potenti, lingue allenate a battere il tamburo, voi avevate voci potenti, adatte per il vaffanculo» (citazione presa da La domenica delle salme). Il cantautore invece si è ridotto a raccontare i fatti suoi, o comunque cose di poco valore. Io non credo che dobbiamo essere tutti impegnati. Però in questo ripiegamento nell’intimo in cui sta soffocando gran parte della musica italiana, soprattutto quella così detta indie, vedo tanta mancanza di coraggio e di visione. Questo continuo parlare di cose cha accadono nella propria coppia, anche solo immaginaria, o al massimo nella propria cerchia di amici, per tentare di intercettare un vasto pubblico (“sta parlando di me”) è operazione molto furba, e quindi molto poco artistica. Intendiamoci, io stesso non è che abbia scritto chissà quante canzoni, per così dire, impegnate socialmente. Io in gran parte ho scelto di raccontare l’incanto, il sogno, la dimensione emozionale e, con molta cautela, persino quella spirituale. Però, per quello che ho scritto in passato, e per un approccio che continuo a conservare, credo di non aver rinunciato del tutto a raccontare quel che avviene, non dico a livello storico (i cantautori non sono storici) né a livello sociale (non sono neppure sociologhi), ma almeno a livello di percezioni di quel che accade. Poi, ti dico che, anche dall’altra parte, c’è chi racconta quel che avviene con analoga furbizia: allo stesso modo di chi canta il dosaggio della Tachipirina, mi imbarazza chi pensa che basti indossare una maglietta rossa e urlare contro il sistema lanciando slogan di stampo populista per fare il rivoluzionario. A questo approccio rispondo sempre citando Battiato: «L’evoluzione sociale non serve al popolo se non è preceduta da un’evoluzione di pensiero». Insomma, è sempre una questione di sincerità e di ricerca di Verità: mi piace chi si inserisce in questa via, al di là dei temi che tratta, come ad esempio Paolo Benvegnù, finalmente riconosciuto come autore di grande livello».

Crediti

Testi e musiche: Vincenzo Greco, tranne Parigi (Panella/Carella) e Sidun (F. De Andrè- Pagani), traduzione dal genovese all’italiano di Vincenzo Greco. Interamente arrangiato e suonato da Vincenzo Greco. Mix e mastering: Verdiana Saint Amour e Marzia Bulli. La voce inserita all’inizio del brano “…tornerà la luce” è tratta da una intervista a Vittorio Gassman.

Chi è Vincenzo Greco

Vincenzo Greco, nato a Vibo Valentia e quasi sempre vissuto a Roma, è cantautore e artista multimediale. Conosciuto col nome d’arte di Evocante, ha già all’attivo gli album “Di questi tempi”, Dialettica Label 2022; “Fino a tardi. Viaggi sonori con Battiato”, Dialettica Label, 2023; “Siamo esseri emozionali”, Dialettica Label, 2024 e i singoli “Troppo/Poco”, Dialettica Label, 2022 e “Lode all’inviolato”, Dialettica Label, 2023. ‘All’improvviso – Canzoni lievi’ è il suo quarto album. Ha dedicato vari studi a Franco Battiato culminati nel libro “Battiato. Una ricostruzione sistematica. Percorsi di ascolto consapevole” pubblicato da Arcana Edizioni, Collana Musica, nel 2023, in contemporanea con l’uscita dell’album “Fino a tardi. Viaggi sonori con Battiato”. Vincenzo Greco ha realizzato anche due video-racconti musicali (“Solo cose belle”, 2013 e “LiberAzione”, 2015, ambientato in Islanda) e un docufilm (“E noi ficimu a facci tanta. Una reazione Vibonese”, 2018). 

Social

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Francesco Fravolini

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