AFFETTO DA SINDROME DI STENDHAL

Nel “Diario di un viaggio in Italia”, lo scrittore francese Marie-Henri Beyle (Grenoble, 23 gennaio 1783 – Parigi, 23 marzo 1842), noto come Stendhal, racconta di una sensazione particolare che prova dopo aver visitato la Basilica  di Santa Croce a Firenze e scrive: «Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere.» Questa “emozione” oggi è conosciuta col termine Sindrome di Stendhal. Succede dopo che abbiamo visto un’opera d’arte e ne siamo rimasti affascinati, sopraffatti dalla  bellezza. Qualcuno asserisce addirittura di essere uscito dal proprio corpo e di essersi trovato in una dimensione che lo teneva un tutt’uno con l’opera che lo estasiava; altri di aver perso consapevolezza di tutto ciò che lo circondava in quel momento, ma altri ancora di essere rimasti traumatizzati accusando un malessere indefinibile, tra il disagio e l’ansia anche giramenti di testa preceduti da attimi di depressione, di panico, allucinazioni e svenimenti.

A trattare sotto il profilo scientifico questa affezione psicosomatica, comunque di breve durata, è stata la psichiatria fiorentina, di orientamento freudiano, Graziella Magherini nel 1977. La studiosa analizzò e descrisse oltre 100 casi di turisti in visita a Firenze che avevano manifestato insorgenze simili a quelli provati da Stendhal.
La materia, non completamente chiarita, è comunque affascinante sia sotto il profilo scientifico, in quanto presunta malattia,  che di quello immaginifico quando taluni soggetti asseriscono di essere stati sopraffatti dalla bellezza delle opere che stavano osservando.
E possibile per qualunque mortale provare simili sensazioni, positive o negative che siano, ed è solo probabile che tali sensazioni si possano ripetere visitando altri luoghi culturali.
Sintetizzando il pensiero della professoressa Magherini “Il sintomo negativo ti porta ad allontanarti dall’opera, quello positivo ti può esaltare”, e dipenderebbe dalle inclinazioni  culturali, dalla sensibilità o dall’indifferenza del soggetto.
E chissà a quanti è successo, per esempio, nell’ammirare i Bronzi di Riaci, il Cristo Velato, un quadro di Magritte o Dalì, il Taj Mahal.
Senza entrare nella profondità della psicanalisi freudiana che ha analizzato il fenomeno della creatività degli artisti e come possa essere legato alla fruizione delle opere d’arti, ci limitiamo a concordare la tesi che ipotizzerebbe una connessione tra la sensibilità dell’individuo, la sua recettività culturale o la sua indifferenza nell’osservare la magnificenza di un’opera d’arte.

Bruno Cimino

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