51 anni di The Dark Side Of The Moon

by Bruno Cimino

In musica ascoltare non è sinonimo di sentire, ma un diminutivo. E la musica dei Pink Floyd è il riferimento perfetto per comprendere cosa voglia dire quel sentire (interiore) d’essere trasportati, seppur vigili, in una dimensione incorporea. 

In ogni album di Roger Waters, David Gilmour, Nick Mason e Richard Wright, oltre che sentire le vibrazioni delle note è vedere ciò che prima provavi con una normale emozione da “pelle d’oca”, ed è possibile, insomma, trovare un frammento di eternità esistenziale.

Lo sanno bene coloro che sono cresciuti accompagnati dagli LP quali The Piper At The Gates of Dawn, A Saucerful of Secrets, More, Atom Heart Mother, Ummagamma, Meddle, The Dark Side Of The Moon, Wish you were here, Animals, The wall e così via.

Sono trascorsi quasi sessant’anni dalle loro prime esibizioni con il nome di ABDABSS e dalle successive intuizioni di Syd Barret che si unì ai tre studenti del Politecnico di Londra dove studiavano architettura. Da quegli anni in poi è come se il tempo fosse stato scandito da ogni concerto eseguito dopo l’uscita di Barret e con l’incisione di nuovi album che affermano definitivamente lo spirito che incarnava la musica underground e psichedelica: una sorta di impegno sociale nei testi degli autori e nelle note dei compositori.  

Ma non è la storia del famosissimo gruppo che vogliamo rievocare, i Floydiani doc, dottor Google e Youtube conservano accuratamente le memorie di tutto o quasi tutto dei Pink Floyd.

Queste poche righe hanno lo scopo di ricordare e tributare il giusto riconoscimento ad uno dei loro album più famosi, ossia “The Dark Side Of The Moon” che a marzo compie 51 anni, trascorsi indenni e indifferenti alle decadenti novità dei sound che nel tempo si sono avvicendati e dissolti nel giro di pochi anni. 

A partire dal capolavoro della copertina firmato da Storm Thorgerson, da un’idea, vuole la leggenda, nata dal prisma del professor Sir Isaac Newton osservando la rifrazione della luce che filtrava attraverso le finestre della Wren Library del Trinity College di Cambridge, ogni brano è storia della musica. Ricordiamoli: Speak to me (Mason), Breathe in the air (Waters- Gilmour-Wright), On the run (Waters-Gilmour), Time (Waters-Mason-Gilmour-Wrigt), The great gig in the sky (Wright), Money (Waters), Us and them (Waters-Wright), Any colour you like (Gilmour-Mason-Wright), Brain damage (Waters), Eclipse (Waters). 

Lo possiamo definire l’album dei record avendo collezionato una serie di primati a partire dalla presenza nelle classifiche mondiali per quindici anni, ad aver venduto oltre quarantacinque milioni di copie, ad aver registrato centoventotto tour, alle innumerevoli partecipazioni di tecnici e musicisti nelle diverse incisioni.  

Il tributo, dedicato a questo anniversario e che estendiamo a tutte le pubblicazioni, non solo dei Pink Floyd, ma dei Rolling Stones, dei Beatles, dei Genesis ci obbliga a riflettere su quanta decadenza si verifica oggi nel campo musicale.   

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