Operato al cuore un paziente di 92 anni


Una storia a liete fine quella che vede protagonista  un pensionato di 92 anni che vive in un comune del basso Molise. Un episodio di buona sanità e di proficua collaborazione tra le strutture ospedaliere del territorio: l’ospedale San Timoteo e la Fondazione “Giovanni Paolo II”. L’anziano, dopo aver  accusato un forte dolore al petto, si è recato al  pronto soccorso del nosocomio  di Termoli. È stato affidato alle cure dell’equipe medica, diretta da Nicola Serafini, Responsabile della Cardiologica, che lo ha  sottoposto ad una coronarografia,  l’esame che  consente di stabilire se le coronarie sono libere, oppure ostruite. La diagnosi si è rivelata subito infausta:  rischio imminente di infarto. Era necessario intervenire chirurgicamente nel più breve tempo possibile,  è stato, quindi, predisposto il trasferimento  d’urgenza  alla Fondazione Giovanni Paolo II.

Il paziente  è stato sottoposto ad un intervento chirurgico di by pass coronarico, dall’equipe diretta da Carlo Maria De Filippo, Direttore del Dipartimento di Malattie Cardiovascolari.  Un intervento molto complesso, considerando anche le condizioni generali e l’età.  L’operazione è riuscita perfettamente, dopo pochi giorni è stato indirizzato verso il percorso riabilitativo.  Il continuo progresso  della tecnologia consente di trattare anche  persone considerate non operabili in passato. Il successo della procedura è stato determinato anche dall’utilizzo di una tecnica innovativa:  la circolazione extracorporea mininvasiva.  Questa metodica  consiste nell’impiego di una macchina che durante l’intervento chirurgico sostituisce le funzioni di cuore e polmone, isolandoli dalla circolazione e permettendo al chirurgo di eseguire l’operazione a cuore aperto. Uno dei rischi principali del paziente sottoposto a circolazione extracorporea convenzionale è un’infiammazione sistemica conosciuta come Sirs (Sindrome da Risposta Infiammatoria Sistemica) causata ad esempio dal contatto con l’aria. La circolazione extracorporea mininvasiva, invece, rispetto a quella convenzionale, è un circuito costituito da una ridottissima superficie che impedisce al sangue di entrare in contatto con l’aria e cerca di riprodurre un sistema extra vascolare artificiale. Come dimostrato da recenti studi e metanalisi, la nuova tecnica consente una importante riduzione delle infiammazioni e delle perdite ematiche legate alle alterazione dei fattori della coagulazione, così come abbassa il rischio di insorgenza di aritmie dopo la procedura chirurgica, e di insufficienza renale acuta. Risultano ridotti anche i tempi di ventilazione meccanica assistita, il che significa per il paziente tempi di recupero e di degenza in terapia intensiva più brevi rispetto alla metodica convenzionale.  “La cardiochirurgia moderna si caratterizza per l’approccio mininvasivo nel trattamento di tutte le patologie che interessano il cuore” commenta Carlo Maria De Filippo, Direttore del Dipartimento di Malattie Cardiovascolari ”cerchiamo di offrire ai nostri pazienti le migliori cure possibili, anche con  metodiche di ultimissima generazione”.

Stefano Venditti

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