Passeggiando verso la strada per Galvana, nel
magnifico territorio eugubino, seguendo un
antico sentiero che si snoda tra boschi e colline,
potreste inaspettatamente ritrovarvi davanti a
una bellezza architettonica senza eguali: il
castello di Colmollaro.
Situato su un piccolo poggio circondato dalla
vegetazione, esso rappresenta il prototipo del
castello difensivo-feudale ed ospitò tra le sue
mura, per diversi mesi, anche il sommo poeta
Dante Alighieri.
Costruito intorno all’anno Mille, e aperto oggi per gentile concessione dei proprietari (in occasione delle giornate Primavera del FAI), apparteneva in passato al Conte Bosone Novello Raffaelli, ghibellino e intimo amico di Dante, che si offrì di ospitarlo quando venne esiliato da Firenze.
Qui il poeta compose i celebri versi sul torrente Saonda (che vi scorre nelle vicinanze) e alcuni passi della Commedia atti a celebrare l’amena bellezza di Gubbio e dell’Umbria:
«Intra Tupino e l’acqua che discende del colle eletto del beato Ubaldo, fertile costa d’alto monte pende, onde Perugia sente freddo e caldo da Porta Sole; e di rietro le piange per grave giogo Nocera con Gualdo» (Par. XI).
Nessun cartello o segnale, dunque, che indichi la presenza di questo splendido castello, apparentemente abbandonato e distante ben 7 Km da Gubbio; il nome, derivante da “molinaro”, fa, però, presupporre che nelle vicinanze ci fosse sicuramente un mulino ad acqua. Appena visibili nelle sale interne i resti di un antico affresco raffigurante, forse, il Cristo morto nel sepolcro, e la strana scritta che compare sull’architrave della sala adiacente al salone (IHS), probabile motto in lode di Gesù, ma aperta a mille altre mistiche interpretazioni.
Non resta, dunque, che perdersi nell’incantevole magia di questo luogo “fuori dal mondo” e nello sterminato fascino che esercita sulla nostra immaginazione questa monumentale costruzione in pietra arenaria, circondata da una cinta muraria (lunga 435 metri) che custodisce gelosamente i molteplici ambienti interni, proteggendoli dall’avanzare dei secoli.
Ambra Belloni