“Traguardo finale per la COP27 di Sharm El-Sheikh che si è giocata il tutto ai tempi supplementari, trovando
l’accordo per istituire il Fondo Loss and Damage, atteso da tre decenni, e che permetterà di sostenere la
ricostruzione economica e sociale delle comunità povere e vulnerabili messe in ginocchio dai disastri
climatici sempre più frequenti. Il Fondo potrà accedere a diverse fonti di finanziamento visto le
considerevoli risorse finanziarie necessarie. Si stima che entro il 2030 siano necessari circa 290-580 miliardi
di dollari aggiuntivi agli aiuti per l’adattamento. Come ha proposto il Segretario Generale Guterres
all’ultima Assemblea delle Nazioni Unite, queste risorse possono essere reperite anche attraverso la
tassazione degli extra-profitti delle imprese fossili, tenendo presente che tra il 2000 e il 2019 hanno
realizzato profitti per oltre 30mila miliardi di dollari”, inizia così il comunicato di Legambiente che
commenta l’esito della COP27, la conferenza sul clima.
Per Legambiente se da una parte con il Fondo Loss and Damage questa COP27 porta a casa un importante
risultato, dall’alta parte però delude sul fronte delle fossili, perché non è stato fatto nessun passo avanti
rispetto all’accordo di Glasgow sul phase-out dei combustibili fossili.
“La COP27 – dichiara Stefano Ciafani presidente nazionale di Legambiente – ha affrontato positivamente le
conseguenze della crisi climatica con l’Istituzione del Fondo Loss and Damage, però non è riuscita ad
affrontare la causa principale della crisi: la dipendenza dai combustibili fossili. Per mantenere
concretamente vivo l’obiettivo di 1.5°C, è cruciale concordare al più presto il phasing-out sia dei sussidi alle
fossili che del loro utilizzo”.
Secondo gli ultimi rapporti dell’IPCC e della IEA, per essere in linea con la soglia critica di 1.5°C, le emissioni
climalteranti devono raggiungere il picco a livello globale entro il 2025 e diminuire entro il 2030 del 43%
rispetto ai livelli del 2019.
“Per questo – continua Ciafani – un contributo importante può venire dal phasing-out dei sussidi alle fonti
fossili entro il 2030 che può consentire una riduzione del 10% a livello globale. Nello stesso tempo va
attuata la decarbonizzazione del settore elettrico con il phasing out del carbone, entro il 2030 per i Paesi
OCSE ed il 2040 a livello globale, e del gas fossile entro il 2035 per i Paesi OCSE ed il 2040 a livello globale.
Altrimenti non sarà possibile mantenere vivo l’obiettivo di 1.5°C”.
“L’Europa e l’Italia – aggiunge Mauro Albrizio, responsabile ufficio europeo di Legambiente – devono fare da
apripista tra i Paesi OCSE. E accelerare la giusta transizione verso un futuro libero dalle fossili e 100%
rinnovabile. Solo così sarà possibile contribuire modo a centrare l’obiettivo di 1.5°C e ridurre le emissioni
climalteranti di almeno il 65% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, andando oltre il 57% annunciato a
Sharm El-Sheik. E vincere la sfida della duplice crisi, energetica e climatica, che rischia di mettere in
ginocchio l’Europa”.
Francesco Natale