La più grande angoscia dell’uomo, la morte, è stata al centro della spiritualità dell’antico Egitto. Complesse credenze, formule, preghiere e rituali dovevano garantire al defunto la sua sopravvivenza alla morte. Il passaggio dell’anima al Rostau, luminoso mondo dell’aldilà di cui era signore Osiride, non era immediato ma prevedeva da parte del defunto il percorrimento di un itinerario e il superamento di prove. La pericolosità del viaggio ha portato gli egizi a redigere per i propri defunti una guida scritta: il Libro delle due strade. Il suggestivo nome deriva dal fatto che Rostau era raggiungibile dal morto attraverso o una via di terra o una via sull’acqua. Nel 2012 nella necropoli di al-Asasif, nella celeberrima Valle dei Re in Egitto, si è rinvenuto un sarcofago di 4000 anni fa, nel quale si sono trovati i più antichi frammenti di questo libro sacro. Il ritrovamento è stato effettuato da un team di archeologi delle Università di Liverpool (Regno Unito) e di Leuven (Belgio) presso la necropoli di Dayr al-Barshā, riservata a personalità di alto rango ed utilizzata tra il 2055-1650 a.C. circa (Medio Regno). I frammenti del libro sono illustrati nella parte interna del sarcofago, dove il defunto poteva facilmente leggerli. La sepoltura risale al regno del faraone Mentuhotep II ed è stata sempre ignorata dagli archeologi fino a questo periodo perché risultava chiaramente essere stata oggetto di saccheggio. Apparteneva ad una donna altolocata di nome Ankh il cui viaggio verso il regno di Osiride, secondo il libro, doveva essere ostacolato da demoni e spiriti da combattere con incantesimi.
Glenda Oddi