Le opportunità di vita sono legate essenzialmente al nascere in un luogo piuttosto che in un altro, e questo determina lo stato sociale di una persona. Eppure si parla e si legifera tanto sull’uguaglianza delle persone e sui loro diritti alla vita. Purtroppo per alcuni si aprono centinaia di opportunità, per tantissimi altri bisogna lavorare sodo se non lottare per la sopravvivenza in un confronto difficile e impari con gli altri. È questo un divario che bisogna accorciare, correggendo così la società da ingiusta a umana e cancellando la “disuguaglianza iniziale”. Tuttavia, l’obiettivo non è di dimostrare che tutti gli individui sono uguali e vivono allo stesso modo, giacché questo andrebbe contro la libertà individuale di ciascuno, ma al contrario, ampliare il ventaglio di possibilità che può presentarsi nella vita di ognuno, attraverso un livello minimo per far sì che nessuno cada in fondo al baratro. Pertanto, bisogna poter conciliare la giustizia sociale con la necessaria libertà individuale.
Ecco la necessità del Reddito Universale di Base (RBU): uno strumento per fissare un livello minimo a partire dal quale tutti gli individui potranno realizzare se stessi come meglio credono.
Ma come si arriverebbe a questa forma di reddito? Spesso si parla di equa distribuzione della ricchezza pubblica e con ciò si ammette che c’è una ricchezza ed è il frutto di molti per il guadagno di pochi. Senza entrare in merito a queste dinamiche, il concetto sul quale concentrarsi è dare una possibilità di partenza ai più abbienti. Dicevamo, però, dove attingere per finanziare questa operazione, apparentemente difficile e complicata.
Qui è necessario partire da un riferimento: per fronteggiare le crisi finanziare le operazioni più immediate che si fanno riguardano i tagli alla spesa pubblica; specialmente nei paesi più industrializzati questo colpisce maggiormente gli strati più poveri delle società, nel mentre il numero di milionari cresce in proporzione inversa e questo non è una coincidenza ma il risultato specifico delle misure adottate. In sintesi, le crisi colpiscono esclusivamente i più poveri e ricchi diventano più ricchi.
Pertanto, ottenere “parte” di quel denaro, dai più favoriti, per finanziare un RBU a beneficio della stragrande maggioranza della popolazione, sarebbe ragionevole, fattibile ed equo. Gli economisti hanno già spiegato in dettaglio che tutte le diverse forme proposte coincidono in una ridistribuzione della ricchezza attraverso la riscossione delle imposte.
Dunque, si tratta semplicemente di aumentare le tasse a coloro che guadagnano di più per ridistribuire il ricavato tra la maggioranza della popolazione . Nelle proposte presentate, circa il 10% che guadagna di più perderebbe una parte dei suoi guadagni, mentre l’80% che ha il reddito più basso ne trarrebbe beneficio. Coloro che sono tra il 10% e il 20% con più entrate, sarebbero più o meno gli stessi di adesso (pagherebbero un po’ più tasse, ma ciò sarebbe compensato con la riscossione della RBU, che ricordiamo è per tutti).
Se a questo si unissero delle nuove forme di priorità nell’amministrare le finanze pubbliche, tagliando le spese militari, la spesa burocratica ecc. sarebbe un aiuto maggiore.
Il Reddito di Base che secondo i sostenitori è un diritto universale e non la carità, nasce dalle teorie di Sasha Volkoff, un attivista del Movimento Umanista che dal 1984 fa parte del team che ha rifondato il World Center of Humanist Studies. Attualmente, è membro del Centro Studi Umanista Noesis e vive a Barcellona.
Bruno Cimino