Arthur Ashe non fu sono un grande tennista ma anche un uomo impegnato nelle lotte sociali. Nato il 10 luglio 1943, si mise in luce già durante l’università, trascinando UCLA a vincere il titolo NCAA (National Collegiate Athletic Association) a squadre nel 1965. Già due anni prima era stato convocato dalla nazionale per la Coppa Davis, primo afroamericano a ottenerla. Nel 1968 vinse il suo primo titolo slam, lo US Open e l’anno successivo passò professionista. Di titoli slam ne vinse in tutto 3: oltre a quello statunitense conquistò l’Australian Open nel 1970 e Wimbledon nel 1975. Non riuscì a imporsi solo ai Roland Garros dove non andò oltre ai quarti di finale. Si impose anche nel doppio agli Australian Open e ai Roland Garros e fu finalista negli altri due. Vinse inoltre le ATP Finals di doppio e fu finalista nel singolare. Nel 1968 conquistò anche la Coppa Davis con la squadra statunitense. In totale conquistò 44 tornei di singolare raggiungendo la seconda posizione nel ranking ATP nel 1976.
Si ritirò nel 1980 dopo essere stato colpito da un infarto l’anno prima. Nella sua carriera si battè a livello sociale in varie occasioni: denunciò pubblicamente la situazione in Sudafrica nel periodo dell’Apartheid dopo essergli stato impedito di partecipare a un torneo nel paese. Negli ultimi anni di vita fondò l’Arthur Ashe Institute for Urban Health per aiutare le persone dotate di un’assicurazione medica insufficiente.
Morì il 6 febbraio 1993 per l’AIDS, contratto durante un’operazione al cuore. Ricevette numerosi riconoscimenti sia per le imprese sportive che per l’impegno sociale: gli è stato intitolato per esempio uno dei campi dello US Open.
Daniele Capello