Con il ricorso in Cassazione si ottiene il controllo da parte dei Giudici della corretta applicazione della legge da parte del giudice di secondo grado
I Giudici nel nostro ordinamento si distinguono non gerarchicamente bensì in base alle funzioni svolte. Una sentenza si considera definitiva, ovvero tecnicamente passata in giudicato, quando la parte soccombente non voglia o non possa più impugnarla. Sussistono infatti tre successivi gradi del giudizio. Nel primo, di competenza del Tribunale, si accertano i fatti e si applica il diritto. Nel secondo grado di giudizio, dinnanzi alla Corte d’Appello, si controlla la sentenza emessa dal primo giudice, procedendo alla riforma, qualora si ritengano male accertati i fatti o si ritiene che il diritto sia stato erroneamente applicato.
Il terzo grado è quello che si svolge dinnanzi alla Corte di Cassazione che ha lo scopo di controllare che la sentenza emessa in secondo grado non abbia violato i principi di diritto. Non è dunque più possibile entrare nel merito dell’accertamento dei fatti che dunque è reso definitivo.
Come si vede, pur non vigendo nel nostro ordinamento il principio del precedente giudiziario vincolante, questo terzo giudizio, destinato a verificare la corretta applicazione della legge, finisce per acquisire un peso determinante per tutte le future decisioni che presuppongono l’applicazione delle regole applicate di volta in volta dalla Cassazione. È ammessa la possibilità di modificare il proprio precedente e in tal caso si forma un nuovo orientamento della Cassazione. Questo, ad esempio, può accadere quando la questione viene riesaminata alla luce di un mutato contesto temporale e sociale.
In caso di contrasto giurisprudenziale, al fine di risolvere la situazione di incertezza che si è venuta a creare, si può ricorrere, per una decisione definitiva, alla sentenza emessa dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite.
Manuela Margilio