Il vero nome di Francesca Bertini era Elena Vitiello e nacque nel 1892.
Quando si parla del “Divismo” al femminile, il pensiero va subito alle grandi signore della storia del Cinema, come Marilyn Monroe, Audrey Hepburn, Sophia Loren, Brigitte Bardot, per arrivare a Monica Bellucci, Scarlett Johansson e Nicole Kidman (naturalmente solo per fare alcuni nomi). Ma chi fu la prima diva, in assoluto, del Cinema? La risposta è italiana, infatti fu Elena Vitiello, in arte Francesca Bertini. Questa attrice nacque a Prato il 5 gennaio 1892, per diversi anni fu la regina incontrastata del Cinema muto, emblema del fascino femminile e, al tempo stesso, della bravura di ordine tecnico nella realizzazione delle pellicole di inizio ‘900. Perchè la Bertini non fu solo attrice, ma anche regista e sceneggiatrice, con questo ultimo ruolo si firmava come Frank Bert, per sorprendere chi pensava che dietro alla realizzazione della narrazione di un film ci fosse un maschio. Questa artista iniziò la propria carriera in teatro: in particolare a Napoli, dove si era trasferita con la famiglia (il padre, Arturo Vitiello, era un ereditiero che scialacquò gran parte del proprio patrimonio, mentre la madre, Adele Frataglioni, apparteneva ad una ricca famiglia fiorentina). A Napoli, in età adolescenziale, inizia a recitare nei tetari più importanti e con le compagnie più prestigiose, come quella di Scarpetta e quella di Renzi. Inizialmente il suo genere è quello vernacolare, con il nome d’arte di Franceschina Favati, poi di Cecchina Bertini, poi diventa Francsca Bertini e, nel 1908, esordisce nel mondo del Cinema (ovviamente muto) con il film “La Dea del Mare” di Salvatore Di Giacomo.
Nel 1910 recita in nove pellicole, tra cui “Salomè” di Ugo Falena e “La morte civile” di Gerolamo Lo Savio. Tra il 1911 e il ’12 prende parte a ben ventotto film e, in tutta la carriera, arrivò a quota cento. “Ho sempre recitato con il mio volto al naturale, senza trucco -confidò orgogliosa in un’intervista degli anni sessanta- solo un poco di rosa sulle labbra e, per scurire gli occhi, usavo il nero che si creava sotto un piattino di ceramica, accendendogli sotto un fiammifero per pochi secondi”.
Si conquistò il “titolo” di “Diva”, con la straordinaria interpretazione di Assunta Spina, nel film del 1915, in cui lei stessa era la regista, affiancata da Gustavo Serena.
“Assunta Spina fu la prima pellicola realistica del Cinema -disse la Bertini in una trasmissione Tv degli anni settanta- proprio grazie a questa opera nacque il termine “realismo”, per descrivere un film che trattava di una realtà molto presente nella nostra società”. In particolare si trattava della storia di una ragazza legata sentimentalmente ad un uomo, ma che è corteggiata da un altro, e da questa tensione sentimentale si creano episodi che finiscono in tragedia.
Nel 1921 si sposò (con il banchiere ed ex calciatore Alfred Cartier) e le sue apparizioni diminuirono sensibilmente, “mio marito voleva che mi occupassi solo della famiglia, io comunque sono rimasta ferma sul lavoro ben volentieri, non ho rimpianti, anzi”. Proprio in quel periodo fu chiamata dalla californiana 20th Century Fox, che le propose un contratto molto allettante, ma lei scelse la famiglia.
Si disse che fosse più brava di Greta Garbo (di tredici anni più giovane della Bertini) e lei riteneva che all’attrice svedese erano concessi favori che la nostra si poteva scordare: “per esempio nella versione cinematografica di “Tosca” del 1918, dove io interpretavo la protagonista dell’opera, quando uccido Scarpia, accoltellandolo, la mia mano alzandosi tendendo l’arma, va fuori inquadratura; per una scena così importante del film era una cosa inaccettabile. Se al mio posto ci fosse stata Greta Garbo, la scena sarebbe stata eliminata per girarne un’altra; io invece, chiedendo di rifare la scena, venni ignorata, perchè il produttore non voleva sprecare denaro in pellicola”.
La Bertini era la diva pura: incarnava la donna passionale e fatale, stranziante e carismatica.
Morì a Roma il 13 ottobre 1985, nove anni dopo aver partecipato all’ultimo film, ovvero “Novecento” di Bertolucci.