I giovanissimi probabilmente non lo conoscono ma chi era giovane a cavallo degli anni ’80 e ’90 non possono dimenticare il nome di Totò Schillaci. L’eroe delle “notti magiche” si è spento a causa di un tumore lo scorso 18 settembre a soli 59 anni ma il ricordo di chi ha vissuto quel mondiale di Italia ’90 è sempre vivo e resterà tale per sempre.
Sono pochi i giocatori che sono rimasti nella memoria collettiva dei tifosi senza portare trofei: quell’Italia chiuse il torneo solo al terzo posto ma Salvatore “Totò” Schillaci ne fu il capocannoniere con sei reti. Iconici rimangono quegli occhi sgranati verso gli arbitri ma anche la grinta di un giocatore semplice, quanto efficace. Non era infatti uno di quei “top player” tanto decantati dai media ma un calciatore che aveva fatto la gavetta e scalato le serie calcistiche a suon di reti e abnegazione. Cresciuto in un squadra giovanile della sua Palermo, l’AMAT, esordisce da professionista nel Messina dove gioca per sette anni portandolo dalla serie C2 alla B. I 25 gol complessivi segnati nella stagione 1988-89 convincono la Juventus a prenderlo. La sua prima stagione in serie A è di grande livello: 15 reti in campionato (media di un gol ogni due partite), due in Coppa Italia e 4 in Coppa Uefa, vincendo queste ultime due competizioni. La grande stagione gli apre le porte della Nazionale in cui esordisce il 31 marzo 1990 nell’amichevole con la Svizzera vinta 1-0. Anche senza segnare guadagna la convocazione ai Mondiali di casa dove trova la rete decisiva contro l’Austria (1-0 nella prima partita del girone) nei minuti finali da subentrato. Segnerà anche contro Cecoslovacchia, Uruguay, Irlanda, Argentina e in finale con l’Inghilterra.
Dopo questo exploit la carriera prosegue però senza grandi guizzi: solo 15 reti in due stagioni alla Juve e 12 in due anni all’Inter prima di diventare un idolo anche del campionato giapponese con quattro stagioni allo Jubilo Iwata, condite da 65 reti. Anche in Nazionale non trovò più fortuna, con una sola rete in otto partite.
Daniele Capello