Tocca vari temi davanti ai giornalisti presenti nella Sala Stampa del Festivalfilosofia Ivano Dionigi, professore emerito di Lingua e Letteratura latina e direttore del Centro studi “La permanenza del classico” presso l’Università di Bologna, tra cui la pandemia e, contestualmente, avanza critiche ai social e, più in generale, al cellulare.
“Abbiamo bisogno di parole con un cum”, riflette Dionigi e cita ad esempio i termini “comunicare” e “competere”.
Sempre a proposito di parole (e quindi restando in tema col termine chiave di questa edizione del Festival, “parola”) dichiara che “le parole più belle come fratello e libertà le ha fatte proprie la destra”. Il riferimento, chiarisce ai cronisti, è alla “sigla” di partiti (Fratelli d’Italia e Il Popolo Della Libertà).
Secondo il professore il temine “fratello” è altamente impattante sui giovani e “bisogna che gli adulti capiscano di più i linguaggi dei ragazzi”.
Poi c’è spazio a un ragionamento sulla scelta di alcune terminologie ed espressioni come, ad esempio, l’utilizzo di “economia sommersa” al posto di “lavoro nero” o di “flessibilità” invece di “sfruttamento”.
All’Agenzia DIRE, a margine dell’incontro con la stampa, “stuzzicato” da una domanda circa l’utilizzo di temini “inclusivi” dichiara che le soluzioni trovate (schwa e asterisco, per intenderci) gli sembrano “povere e impoverenti” e “al limite dell’intellegibilità”.
Francesco Natale