definizione che si possa attribuire al termine ipocrisia, aggiungendo che, se fosse dotato di piedi, secondo il parere di molti lascerebbe impronte su tutta la terra.
Dal greco: ypo vuol dire sotto, mentre krinein spiegare. Nell’antica Grecia l’ypokrites era l’attore, che non necessariamente ci presenta una panoramica facente capo alla mera finzione. L’ipocrita non è un fingitore, ma l’interprete di una realtà apparente, come facevano gli stessi originari attori che, recitando più ruoli, indossavano una maschera. Anche se ormai il termine falso viene considerato sinonimo di ipocrita, esiste tra i due una sottile differenza, che attribuisce al falso una caratteristica dell’animo umano, mentre all’ipocrita un atteggiamento. Nel caso dell’ipocrita, a caratterizzare il suo comportamento è la debolezza e l’incapacità di interagire con la verità, mentre la persona falsa sceglie di ostacolare la verità per amore dell’inganno. Tuttavia il risultato resta identico per entrambi, poiché sia il falso consapevole che l’ipocrita codardo, camminano nella direzione sbagliata, ledendo l’essenza della verità per cui martiri ed eroi hanno nel corso della storia dato la vita. L’ipocrita appare anche una specie di sanguisuga, un modo per definire colui che usa gli altri per farla franca. La parola ipocrita risente dunque di un’estensione del suo significato, che vede lo stesso non semplicemente un rivelatore di realtà apparenti, ma uno speculatore. Ciò è il risultato di un’osservazione sulle conseguenze deleterie che le azioni dell’ipocrita sortiscono verso chi lo circonda. Insomma, non è semplice difendersi dall’ipocrisia, non conoscendo il volto che giace dietro la mutevole maschera, specialmente quando è l’ipocrita stesso a ritenersi vittima di un mondo ingannevole. Chi dunque è il vero ipocrita? Forse chiunque, ognuno di noi. L’ipocrisia è fondamentalmente una condizione dell’animo di chi si aggira smarrito nel labirinto di specchi, la vita, dove non è mai stato facile distinguere il bene dal male ed in cui si finisce con il dimenticarsi di se stessi, intimoriti da un sistema superiore alienante e confuso. Io son colei che mi si crede, potrebbe essere l’ironica via di fuga da questa irrecuperabile confusione di volti e maschere, dove talvolta la maschera si innesta con i reali tratti morfologici e sembra desiderarne l’essenza.In definitiva, siamo spesso convinti di essere circondati da ipocriti, mentre gli stessi che abbiamo definito tali, sono convinti di avere il nostro identico problema. La pagina rimane bianca, nella speranza che a riempirla siano spunti utili di sana riflessione. E resta tuttavia innegabile che, come diceva Gandhi, “io e te siamo una sola cosa: non posso farti male senza ferirmi“.
Eleonora Giovannini