di Riccardo Pallotta
Negli ultimi anni specialmente ne sentiamo parlare sempre più spesso, ma sappiamo cosa realmente sono le fattorie didattiche?
Solitamente un’azienda agrituristica che ha la possibilità di organizzare attività educative nei suoi spazi, magari facendo diventare protagonisti i bambini e i ragazzi. Bisogna precisare che non tutti gli agriturismi lo fanno, o meglio lo possono fare. Infatti c’è bisogno di personale specializzato a lavorare con queste fasce di età e avere anche una fattoria che sia a norma di sicurezza, onde evitare di mettere a repentaglio l’incolumità dei ragazzini.
Un’occasione davvero speciale per molte scuole e anche per molti genitori, che hanno così l’occasione di far conoscere ai più piccoli molte sfaccettature della vita rurale. Spesso l’esperienza viene anche valorizzata dalla realizzazione di un prodotto tipico che i bimbi possono poi portare a casa, oltre al contatto con molti animali. Sembreranno piccole cose, ma al giorno d’oggi, anche conoscere come si fa il latte piuttosto che la raccolta delle uova in un pollaio, sono aspetti che spesso sfuggono non solo ai più giovani.
Questo metodo non è una novità. Le fattorie didattiche sono state ideate all’inizio del XX secolo nei paesi scandinavi (Norvegia, Svezia e Danimarca), ma l’ispirazione nasce da un movimento di giovani statunitensi che agli albori del Novecento si faceva chiamare Club4H, dalle parole head, health, heart e hand (Testa, salute, cuore e mano). Gruppo esistente ancora oggi.
Con gli anni l’idea crebbe e si diffuse anche al sud. In Germania, dopo la seconda guerra mondiale, a causa di una forte urbanizzazione, il governo creò dei luoghi dove i giovani potessero entrare in contatto diretto con gli animali e con la campagna.
Per giungere in Italia dobbiamo aspettare gli anni Settanta, o più precisamente nel 1967 grazie al progetto Alimos, una società composta da agrotecnici e agronomi che vuole sostenere la tutela ambientale e diffondere una nuova cultura alimentare, favorendo i processi di innovazione del settore ortofrutticolo.
Per avere però delle vere e proprie fattorie didattiche nel nostro paese dobbiamo aspettare gli anni Novanta, quando in Emilia Romagna venne fondata la “Rete delle fattorie didattiche Romagnole”. Grazie all’impegno di molte aziende agricole e agriturismi, supportati sempre dalla cooperativa Alimos.
Mai come in questa nostra epoca in cui siamo ormai inglobati dalla frenesia della quotidianità cittadina e metropolitana, gli agriturismi con le loro fattorie didattiche appaiono come degli iceberg solitari di un’epoca ormai tramontata. In realtà devono essere invece vissuti e valorizzati come delle oasi benefiche dove poter rigenerarsi e ritemprare il corpo e lo spirito, magari trascorrendoci un weekend alternativo.
Cibo a chilometraggio zero, animali allevati in maniera sostenibile, possibilità di partecipare ad ogni fase della coltivazione e dell’allevamento, fino all’arrivo sulla tavola: sono queste le caratteristiche su cui si fondano queste realtà. Valorizzare il lavoro tradizionale e farlo conoscere, e magari anche apprezzare, specialmente alle nuove generazioni che non ne hanno idea.
Non è un caso forse, che l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (Ismea) ha registrato nel 2020 un ritorno in campagna delle nuove generazioni, con una crescita di oltre il 15% di aziende condotte da under35 dal 2015. A questo seguono le immatricolazioni alle Università di Agraria che sono sempre di più, mediamente 2.000 iscrizioni in più all’anno a partire dal 2014.
Secondo gli esperti inoltre non si tratta di una scelta di ripiego, ma “un effettivo interesse legato alla terra e all’ambiente, alimentato anche dalla maggiore sensibilità dei giovani per il tema della sostenibilità ambientale e da una maggiore consapevolezza del legame tra cibo e territorio”.
Ci fu qualcuno che disse che per amare era necessario conoscere e quindi dove si può conoscere l’arte del coltivare e produrre del buon cibo se non in un agriturismo, magari con una fattoria didattica?